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05 gennaio 2013
Spoglio a mezzo dell'ufficiale giudiziario
La censura risulta meritevole di accoglimento.
Deve anzitutto essere ribadito il principio di diritto, già enunciato da questa Corte con la sentenza n. 3183 del 2003, secondo il quale l'ordine contenuto in una sentenza di condanna al rilascio di un immobile spiega efficacia nei confronti non solo del destinatario della relativa statuizione, ma anche di chiunque si trovi a detenere il bene nel momento in cui la sentenza stessa venga coattivamente eseguita, non potendo l'ordine de quo venir contrastato in forza di un eventuale titolo giustificativo della disponibilità del bene in contestazione diverso da quello preso in esame dalla pronuncia giurisdizionale (e potendo, se del caso, il detentore provvedere, per converso, alla tutela dei propri diritti lesi dal provvedimento proponendo opposizione di terzo ex art. 404 cod. proc. civ. ovvero autonoma azione di accertamento: v. Cass., sent. n. 3087 del 2007).
Ne consegue che il comportamento del detentore del fondo il quale, reso edotto dall'ufficiale giudiziario, in sede di accesso esecutivo, dell'ordine di rilascio, continui ciononostante ad occupare il fondo stesso rifiutando di allontanarsene integra gli estremi dello spoglio, essendo sufficiente a determinare il trasferimento del possesso in capo all'esecutante anche la sola intimazione ad allontanarsene rivolta all'attuale occupante.
Ciò posto, deve rilevarsi che solo se il titolo in forza del quale si procede non abbia efficacia nei confronti del possessore, può configurarsi uno spoglio a mezzo dell'ufficiale giudiziario, sempre che l'intervento di quest'ultimo sia stato maliziosamente provocato da colui che ha richiesto l'esecuzione, ovvero che vi sia il dolo dell'istante il quale, conscio dell'arbitrarietà della sua richiesta, abbia sollecitato l'intervento dell'ufficiale giudiziario (v. Cass., sent. n. 16229 del 2011).
Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-11-2012, n. 21116
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