05 gennaio 2013

Le SS.UU. e l'esercizio dell'azione esecutiva


La questione sollevata dai riferiti motivi di ricorso è sostanzialmente unitaria: si risolve nello stabilire se, o fino qual punto, l'ordinamento garantisca stabilità al diritto di chi si sia reso aggiudicatario all'esito di una vendita forzata, ove, a seguito di opposizione proposta dall'interessato a norma dell'art. 615 c.p.c., risulti poi accertata l'inesistenza del titolo esecutivo in forza del quale quella vendita era stata disposta.

[...]

La particolare importanza della questione sollevata, come testimoniata anche dal tenore dell'ordinanza con cui la terza sezione ha proposto che l'esame ne venisse rimesso alle sezioni unite, e l'esigenza nomofilattica di dirimere i contrasti di giurisprudenza segnalati in detta ordinanza, suggeriscono tuttavia al collegio, pur nella dichiarata inammissibilità del ricorso, di soffermarsi ugualmente sull'anzidetta questione, cogliendo l'occasione per pronunciare d'ufficio a tal riguardo un principio di diritto, come consentito dall'art. 363 c.p.c., comma 3.

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Conclusivamente, dunque, si deve enunciare il seguente principio di diritto: "Il sopravvenuto accertamento dell'inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l'esercizio dell'azione esecutiva non fa venir meno l'acquisto dell'immobile pignorato, che sia stato compiuto dal terzo ne corso della procedura espropriativa in conformità alle regole che disciplinano lo svolgimento di tale procedura, salvo che sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente, fermo peraltro restando il diritto dell'esecutato di far proprio il ricavato della vendita e di agire per il risarcimento dell'eventuale danno nei confronti di chi, agendo senza la normale prudenza, abbia dato corso al procedimento esecutivo in difetto di un titolo idoneo".

Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 28-11-2012, n. 21110


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