05 gennaio 2013

Beni ecclesiastici - servitù


Il motivo è fondato.

L'azione diretta ad ottenere la rimozione delle opere materiali (nella specie, recinzione con una cancellata metallica apposta su una strada sulla quale la proprietà della chiesa ha il diritto di passaggio) che impediscono o rendono disagevole l'accesso ad un edificio destinato all'esercizio pubblico del culto, attiene alla tutela del diritto costituzionale di libertà religiosa, il quale si esprime anche nel diritto all'uso e alla frequenza degli edifici di culto, tanto collettivamente sul piano comunitario quanto individualmente (art. 19 Cost.).

Si tratta di un'azione che, mirando all'eliminazione degli ostacoli materiali che si frappongono all'esercizio effettivo della libertà di culto, spetta anche a chi abbia la rappresentanza della comunità dei fedeli secondo l'ordinamento proprio di quella confessione.

Là dove, come nella specie, venga in considerazione una comunità di fedeli costituita stabilmente nell'ambito di una chiesa particolare, la rappresentanza dell'aggregazione comunitaria religiosa compete al parroco, ossia all'ecclesiastico preposto all'officiatura dell'edificio destinato all'esercizio pubblico del culto cattolico, come questa Corte ha già altra volta riconosciuto (Sez. Un., 5 dicembre 1973, n. 3316; Sez. 1^, 21 dicembre 1984, n. 6652) e come è confermato dal nuovo codice di diritto canonico (v., in particolare, il can. 515, che definisce la parrocchia come "una determinata comunità di fedeli", e il can. 532, che attribuisce al parroco la rappresentanza legale della parrocchia).

Nè può convenirsi con la difesa del controricorrente, secondo cui, poichè nella specie sarebbe stata esercitata un'azione reale, la negatoria servitutis, la legittimazione processuale attiva spetterebbe esclusivamente all'ente proprietario della chiesa, e quindi al parroco, ma non nella sua veste di rappresentante della comunità dei fedeli.

Il presupposto da cui muove il rilievo della difesa erariale è inesatto.

Infatti - come è possibile desumere dalla semplice lettura dell'atto di citazione, con cui è stato introdotto il giudizio di primo grado innanzi al Tribunale di Napoli - il parroco, lamentando che per effetto delle turbative poste in essere, costituite dall'apposizione della recinzione e dalla cancellata, "la facoltà dei fedeli all'ammissione all'esercizio del culto" soffre "notevole riduzione", ha agito, prima ancora che a tutela delle ragioni proprietarie della chiesa del Santissimo Salvatore, appartenente alla parrocchia di Santa Maria a (OMISSIS), per difendere l'interesse non patrimoniale della comunità particolare di quel dato territorio che si riconosce nella confessione cattolica, ad accedere alla chiesa senza gli ostacoli materiali che impediscono o rendono disagevole l'esercizio della libertà religiosa.

[...]

Invero, nell'ambiente delle servitù, nel quale l'esperienza giurisprudenziale, sulla scia del codice, traccia le coordinate per la risoluzione dei conflitti prediali nascenti dalla chiusura del fondo, il proprietario del fondo dominante non può dolersi di un minimo disagio che gli derivi da quella chiusura, sicchè non si verifica un aggravamento della servitù quando il proprietario chiuda il fondo servente dotandolo di un cancello, sempre che, trattandosi di un cancello automatico, provveda all'installazione di un citofono o di un altro meccanismo di apertura a distanza (Cass., Sez. 2^, 11 novembre 2002, n. 15796; Cass., Sez. 2^, 24 novembre 2003, n. 17875), in alternativa alla consegna delle chiavi (Cass., Sez. 2^, 27 giugno 2011, n. 14179).

Ma anche in quell'ambiente e in quella logica, è necessario che, chiuso il fondo, i congegni automatici di apertura a distanza, installati dal proprietario del fondo servente, siano direttamente utilizzabili dal proprietario del fondo dominante (Cass., Sez. 2^, 5 novembre 1990, n. 10609); occorre, inoltre, tener conto - valutando anche le esigenze abitative che si realizzano nel fondo - dell'accesso dei visitatori (Cass., Sez. 2^, 1 giugno 1990, n. 5163), giacchè il libero e comodo accesso va valutato con riguardo ad una "normalità" di relazioni sociali e di rapporti intrattenuti con i terzi dal proprietario del fondo dominante e dai suoi familiari (Cass., Sez. 2^, 24 novembre 2003, n. 17875).

Il potenziale conflitto tra il proprietario del fondo servente, al quale è assicurata la facoltà, in qualunque tempo (art. 841 cod. civ.), di modificare la trama del tessuto delle relazioni tra la propria attività e quella degli altri, chiudendo il fondo, e il titolare della servitù di passaggio, è quindi risolto (art. 1064 cod. civ. , comma 2) garantendo a quest'ultimo il libero e comodo esercizio di tale servitù, in base ad un bilanciamento da effettuare - come insegna la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2^, 18 dicembre 2001, n. 15977) - tenendo conto del contenuto specifico del diritto reale di godimento, delle precedenti modalità del suo esercizio e dello stato e della configurazione dei luoghi.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-11-2012, n. 21129

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