31 gennaio 2013

Prescrizione in materia di equo indennizzo


L'unico motivo di ricorso va accolto.

Le Sezioni Unite, con la recentissima pronuncia 16783/2012 si sono espresse in relazione alla questione della prescrizione in materia di equo indennizzo, ed hanno dato continuità all'indirizzo prevalente, secondo il quale "in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l'indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine della prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto nel medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all'incompatibità tra prescrizione e decadenza, se relativa al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto,avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione delle iniziative processuali, che l'operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo". Nell'applicare tale principio al caso in oggetto,dalla valutazione del periodo utile ai fini della valutazione della durata irragionevole del giudizio deve escludersi il periodo anteriore alla data del 1/8/1973, atteso che da tale data decorre la giustiziabilità del diritto alla ragionevole durata, per il tramite del ricorso individuale; infatti, come affermato nella pronuncia 14286/06, posto che la finalità della L. 24 marzo 2001, n. 89 è quella di apprestare, in favore della vittima della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, un rimedio giurisdizionale interno analogo alla prevista tutela internazionale, deve ritenersi che, anche nel quadro dell'istanza nazionale, al calcolo della ragionevolezza dei tempi processuali sfugga il periodo di svolgimento del processo presupposto anteriore all'1 agosto 1973 - data a partire dalla quale è riconosciuta la facoltà del ricorso individuale alla Commissione (oggi, alla Corte Europea dei diritti dell'uomo), con la possibilità di far valere la responsabilità dello Stato -, dovendosi, peraltro, tenere conto della situazione in cui la causa si trovava a quel momento.

Il decreto impugnato va pertanto cassato e, non occorrendo alcun ulteriore accertamento di fatto, la controversia può essere decisa ex art. 384 c.p.c., comma 2.

In applicazione dei criteri usualmente adottati da questa Corte in relazione ai giudizi svoltisi presso la Corte dei Conti, considerata le specificità del caso in relazione al protrarsi della procedura e tenuto conto dei margini di riduzione ricavabili dalle decisioni della CEDU del 2/6/09 e del 16/3/2010, considerata la durata del giudizio presupposto dal 1/8/73 alla data del decesso del de cuis (OMISSIS) va liquidato l'indennizzo nella somma complessiva di Euro 12250,00, oltre interessi legali dalla domanda e va condannato il Ministero dell'Economia e delle Finanze alla corresponsione del detto importo, nonchè alle spese del giudizio di merito e del presente giudizio, negli importi liquidati in dispositivo.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-12-2012, n. 22942


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