31 gennaio 2013

La riassunzione del processo dopo l'interruzione


Il terzo motivo, che ha carattere assorbente, è fondato e deve essere accolto.

La Corte territoriale, nel rigettare l'appello, ha affermato che, ancorchè per la tempestività della riassunzione del processo interrotto sia sufficiente il deposito della relativa istanza entro il termine perentorio di sei mesi previsto dall'art. 305 c.p.c. (ridotto a tre mesi, dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 14 nei processi introdotti a partire dal 4.7.09), l'effetto riassuntivo si perfeziona nei riguardi delle parti nei cui confronti il processo deve continuare solo se la notificazione del ricorso e del decreto avvenga ne termine ordinatorio assegnato dal giudice; ha poi precisato che, al fine di evitare l'estinzione del giudizio, la parte riassumente che non abbia la possibilità di rispettare detto termine è obbligata a chiederne la proroga prima della scadenza o, comunque, entro i sei mesi dall'interruzione del processo.

La sentenza del giudice del merito è espressione di un orientamento della giurisprudenza di legittimità, già non univoco all'epoca in cui fu emessa la decisione, che risulta definitivamente superato dalla sentenza a Sezioni Unite di questa Corte n. 14854/06, che dirimendo il contrasto sorto in materia, ha stabilito che la riassunzione del processo dopo l'interruzione deve essere effettuata, secondo il combinato disposto degli artt. 303 e 305 c.p.c., con il deposito del ricorso, entro il termine prescritto, presso la cancelleria del giudice precedentemente adito e che tale tempestivo deposito impedisce l'estinzione del processo, con la conseguenza che l'eventuale vizio o l'inesistenza, sia di fatto che giuridica, della notificazione del ricorso stesso e del decreto di fissazione dell'udienza emanato dal giudice non si comunica alla riassunzione (ormai perfezionatasi), ma impone al giudice, che rilevi il vizio, di assegnare alle parti, in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c., e previa fissazione di un'altra udienza di comparizione delle parti, un termine, necessariamente perentorio, per la rinnovazione della notificazione, dovendo, eventualmente, pervenirsi a una pronuncia di rito, che definisca in tale modo il processo, solo in caso di inottemperanza della parte all'ordine di rinnovazione.

Nell'occasione, le SS.UU. non hanno mancato di sottolineare come sia soluzione incongrua far dipendere la concreta possibilità di disporre il rinnovo della notificazione dalla scadenza di un termine (quello previsto dall'art. 305 c.p.c.) che si riferisce ad un adempimento già compiuto e che potrebbe essere già decorso in conseguenza di un evento - lo specifico tenore del decreto emesso dal giudice in calce al ricorso per la riassunzione tempestivamente depositato - del tutto indipendente dall'attività della parte.

Il meccanismo di riattivazione del giudizio individuato dalle SS.UU., che individua al più tardi nell'udienza fissata ai sensi dell'art. 302 c.p.c., il termine entro il quale può essere disposta la rinnovazione della notifica dell'atto di riassunzione tempestivamente depositato, impedisce, d'altro canto, il rischio che il sub- procedimento notificatorio sia rimesso nella discrezionalità del soggetto riassumente, in tal modo determinando uno stato di quiescenza del processo non temporalmente definibile e sottratto al controllo del giudice.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-12-2012, n. 22943


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