28 dicembre 2012

Denunzia dei vizi della cosa venduta.


La doglianza non ha pregio.

Secondo questa S.C. in materia di denunzia dei vizi della cosa venduta, ai fini della decorrenza del termine di decadenza di cui all'art. 1495 c.c., pur dovendosi, di regola, distinguere tra vizi apparenti ed occulti - là dove per i primi detto termine decorre dalla consegna della cosa, mentre per i secondi dal momento in cui essi sono riconoscibili per il compratore - occorre comunque che il "dies a quo" si faccia risalire al momento in cui il compratore acquisisce la certezza obiettiva del vizio, non essendo sufficiente il semplice sospetto (Cass. n. 5732 del 10/03/2011). Nel caso in cui la scoperta del vizio avvenga per gradi ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sull'entità del vizio stesso, occorre fare riferimento al momento in cui si sia completata la relativa scoperta ( Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9515 del 06/05/2005).

Ciò posto la corte territoriale si è mossa secondo i predetti principi e non v'è dubbio che il suo iter argomentativo espresso nella motivazione della sentenza appare lineare e logico e dunque pienamente condivisibile. Il giudicante ha fatto riferimento alla causa dei vizi (difetti di finissaggio), sia alla natura della merce (tessuto) ed al fatto che i particolari difetti in questione evidenziati da CTU (variazione del colore e restringimento) si erano evidenziati solo dopo la lavorazione delle merce stessa, a nulla rilevando che la vendita era avvenuta tra esperti del settore. Si tratta invero di una valutazione di merito come tale incensurabile in questa sede.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-11-2012, n. 20564


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