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12 ottobre 2012
Le SS.UU. sulla possibilità della costituzione in pegno del credito in favore del mandatario incaricato di acquistare i titoli e successivamente di consegnarli al mandante.
"Con ordinanza del 28 febbraio 2011, la prima sezione, alla quale il ricorso era stato assegnato, ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per valutare l'eventuale rimessione della questione alle Sezioni Unite, rilevando un contrasto di giurisprudenza tra l'orientamento che esclude la possibilità della costituzione di un pegno del tipo di quello dedotto dalla banca ricorrente, rappresentato dalla sentenza n. 4208 del 1999, e l'orientamento che, invece, ha ammesso la possibilità della costituzione in pegno del credito in favore del mandatario incaricato di acquistare i titoli e successivamente di consegnarli al mandante, espresso dalla sentenza n. 8050 del 2009.
[...]
La prima sezione, esaminando il secondo motivo del ricorso principale, ha rilevato che sulla questione della possibilità, ai fini del riconoscimento del privilegio da far valere nella ambito di una procedura fallimentare, di istituire in favore della banca mandataria un pegno avente ad oggetto il credito del mandante sorgente dal mandato ad acquistare e consegnare una determinata quantità di CCT è insorto contrasto nell'ambito della giurisprudenza della corte.
La sentenza n. 4208 del 1999 ha escluso la possibilità della costituzione del pegno sulla base delle seguenti argomentazioni:
1) "nei diritti reali di garanzia il bene che forma oggetto del diritto viene in considerazione essenzialmente in quella che significativamente è stata denominata la sua "componente" o "riserva" di "valore", cioè nel suo identificarsi in un valore economico ad essa intrinseco, in rispondenza all'interesse del creditore garantito che non ha quale punto di riferimento una entità materiale in se stessa ma la idoneità del bene a rafforzare, mediante la possibilità della sua conversione in danaro, la garanzia del soddisfacimento delle sue ragioni di credito: tale immediata valenza non si riscontra nel diritto ad un "facere" consistente nella prevista futura consegna dei titoli di credito, ma solo in questi ultimi, considerati in funzione della loro caratteristica fondamentale che è quella della incorporazione in essi del credito verso l'emittente";
2) "non sembra possibile concepire la costituzione in pegno (e più in generale, un atto di disposizione) di un diritto il cui contenuto - la consegna dei titoli al mandante in adempimento del mandato - subisca elisione e vanificazione proprio nel momento e per effetto dell'atto dispositivo che comporta che non debba aver luogo la dazione dei titoli dei quali la banca mandataria è designata a conservare la detenzione quale strumento di realizzazione della garanzia";
3) "siffatta costruzione non appare nemmeno risolutiva rispetto alla problematica inerente alla mancata individuazione originaria dei titoli - in relazione all'esigenza della determinatezza dell'oggetto del pegno - dappoichè la incertezza dell'oggetto del diritto non può non risolversi in incertezza del contenuto del diritto stesso";
4) "la tesi della identificazione dell'oggetto del pegno nel diritto alla consegna dei titoli, sottoposta alla prova di resistenza di tutte le articolazioni problematiche prospettabili nel contesto della attuale diffusione del fenomeno della dematerializzazione dei titoli di massa, non offre adeguata risposta circa la sorte della garanzia nel caso in cui i titoli in questione abbiano a non ricevere mai materiale formazione o nel caso in cui il ciclo di durata degli stessi abbia ad esaurirsi in termine più breve del periodo nel quale debba trovare esplicazione la funzione della garanzia stessa";
5)" la stessa tesi non offre nemmeno coerente fondamento alla evoluzione della fattispecie nel senso del successivo venire ad esistenza dei titoli, perchè non consente di individuare - almeno in assenza di specifica previsione convenzionale di sostituzione dell'oggetto della garanzia - la fonte del diritto del creditore a procedere alla realizzazione dei titoli dei quali sia poi entrato in possesso".
6) deve dubitarsi della legittimità della costituzione in pegno di un diritto alla consegna di cose determinate o di titoli in relazione al fatto che tale convenzione può tradursi in una surrettizia costituzione in pegno di cose mobili in forme diverse da quelle normativamente stabilite.
A tali argomentazioni l'ordinanza della prima sezione aggiunge anche che:
7) i crediti che possono essere oggetto di pegno sono quelli che il debitore ha verso terzi e non quelli verso il creditore pignoratizio che finirebbe per essere garantito dal proprio adempimento, e cioè, sostanzialmente, da se stesso;
8) nel caso in cui il credito costituito in pegno abbia ad oggetto il diritto ad acquistare e ottenere la consegna di CCT, il pegno sussiste finchè il mandato non viene adempiuto con la consegna dei beni acquistati, mentre, se nessun termine è stabilito per la consegna al mandante dei titoli acquistati, il pegno sul credito verrebbe in sostanza a trasformarsi in un pegno sui titoli poichè questi resterebbero presso il mandatario a tempo indeterminato a garanzia del proprio credito e, in caso d'inadempimento del mandante costituirebbero in sostanza i beni tramite i quali il mandatario garantito realizzerebbe la propria garanzia.
A fronte dell'orientamento espresso dalla sentenza 4208 del 1999, questa corte ne ha di recente espresso uno del tutto diverso con la sentenza n. 8050 del 2009. In una fattispecie sostanzialmente analoga a quella oggetto della presente controversia, anche se prevalentemente incentrata sulla questione se, acquistati i titoli da parte del mandatario, si fosse o meno realizzato l'immediato trasferimento degli stessi al mandante, la citata sentenza ha riconosciuto, sia pure senza specifica motivazione sul punto, la possibilità di costituzione di un pegno di crediti in favore dei mandatario incaricato di acquistare titoli e di consegnarli al mandante. In particolare nella sentenza si osserva che il mandatario non è tenuto solamente ad un tacere, "dai momento che per assicurare ai mandante l'acquisto della proprietà nei rispetto della norma richiamata, egli era tenuto a dare i titoli, prestazione che si sarebbe realizzata attraverso il "tacere" della specificazione. E trattandosi di una prestazione dovuta, il credito ad essa corrispondente si appalesava suscettibile di essere costituito in pegno, a norma dell'art. 2800, a differenza del pegno di titoli rappresentativi, i quali vanno considerati pegno di cose e non di crediti".
Giova premettere che la questione che si pone nella specie riguarda una convenzione di pegno dell'8 novembre 1991 avente ad oggetto il credito nascente dal mandato conferito da società fallita il 28 maggio 1993 ad acquistare CCT emessi il 1 novembre 1990, con scadenza nel 1995, pacificamente non individuati al momento della dichiarazione di fallimento.
Si tratta, quindi, di una fattispecie che pone una problematica destinata a non avere significativa rilevanza temporale perchè, come risulta dalla ricostruzione delle vicende relative al regime giuridico della circolazione dei titoli di Stato operata dalla sentenza di questa Corte 27 agosto 1996, n. 7859, a partire dal 1980 e fino al D.M. 23 maggio 1993 (emesso in attuazione della L. 2 gennaio 1991, n. 1, art. 22, comma 4, recante la disciplina dell'attività di intermediazione mobiliare e disposizioni sull'organizzazione dei mercati mobiliari, e in conformità col sistema di amministrazione centralizzata dei valori mobiliari affidata alla Monte titoli s.p.a.) la Banca d'Italia, sulla base di convenzioni con gli intermediari finanziari, aveva istituito un sistema di gestione centralizzata nell'ambito del quale anche i titoli di Stato potevano essere trasferiti tra i soggetti partecipanti a tale gestione mediante iscrizioni contabili senza materiale tradizione. In questo periodo mentre per i BOT, a partire dal D.M. 25 luglio 1985, e dalla circolare del Ministero del tesoro del 19 marzo 1986, non veniva più formato il documento cartaceo, per i CCT il documento cartaceo veniva formato non al momento dell'asta, in cui erano consegnati ricevute provvisorie, ma successivamente.
Il regime di gestione accentrata su base convenzionale è stato sostituito da quello legale a partire dall'entrata in vigore del D.M. 23 maggio 1993 e da questa stessa data il pegno su titoli di Stato si costituisce con la sola annotazione del vincolo sul registro del gestore, come è stato poi espressamente previsto dal D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213, art. 34, recante disposizioni per l'introduzione dell'Euro, attualmente trasfuso nell'art. 83 octies, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (t.u.f.) di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni.
Le tematiche poste nella fattispecie non riguardano dunque convenzioni di pegno formate nel periodo successivo al 1993. Ciò non esclude tuttavia che, pur nel limitato rilievo temporale, il problema posto all'attenzione di queste sezioni unite sia delicato e di rilevanza pratica significativa.
La tesi dell'inesistenza della prelazione in relazione a una convenzione di pegno che, come è ormai pacifico tra le parti, ha avuto ad oggetto non titoli di stato ma il credito del cliente nei confronti della banca all'acquisto e alla consegna di una determinata quantità di titoli per un controvalore altrettanto determinato, senza che tali titoli risultino ancora materialmente formati al momento della convenzione nè successivamente, seguita dalla sentenza n. 4208 del 1999, merita di essere condivisa per le argomentazioni che in tale decisione sono state ampiamente esposte alle quali possono aggiungersi le seguenti osservazioni.
Il pegno costituisce per il creditore una garanzia reale, cioè opponibile erga omnes, che si concreta nella creazione di una riserva di utilità economicamente apprezzabile e che si traduce nel diritto di conseguire il ricavato dell'aggiudicazione del bene o del diritto sottoposto a pegno, quale valore (non solo e non tanto, come d'uso, quanto) di scambio del bene o del diritto stesso. Se è vero che l'idoneità ad assumere valore di scambio non è esclusiva delle cose, ma anche dei crediti e di altri diritti, è anche vero che è pur sempre necessario che crediti e diritti siano idonei ad assumere natura di res, a subire una oggettivazione. Ma, come è stato osservato da autorevole dottrina, non tutti i diritti sono idonei ad acquistare questa qualità. Ciò deve dirsi del credito all'acquisizione e alla consegna di titoli di Stato non emessi che il cliente mandante vanta nei confronti della banca mandatala, perchè il valore di scambio, in questo caso, è del titolo e non del tacere o del dare, quali prestazioni preliminari all'effettivo acquisto e alla consegna del titolo stesso.
Nè coglie nel segno l'argomento contrario che si vorrebbe trarre dalla circostanza che, in caso di mancata emissione di titoli di Stato (nel periodo in cui era ancora prevista la formazione del documento cartaceo e per quei titoli per i quali la previsione era vigente) il credito alla consegna dei titoli nei confronti del Tesoro, risultante dal piano di emissione, poteva essere posto in vendita, perchè si tratta del credito verso lo Stato, ben diverso da quello verso la banca mandataria che si vorrebbe assoggettare a pegno.
D'altra parte, molteplici sono i dubbi che sorgono ad ammettere la possibilità di sottoporre a pegno, con effetti reali e con attribuzione della prelazione, il credito del cliente all'acquisto e alla consegna dei titoli di Stato non ancora emessi o comunque non individuati al momento della costituzione della garanzia.
In primo luogo è difficile ammettere che abbia una qualche autonomia un credito al compimento di una prestazione che al momento in cui viene adempiuta non soddisfa tanto l'interesse del mandante - creditore, quanto quello del mandatario - debitore di detta prestazione, in quanto in quel momento la banca consegue il possesso dei titoli e realizza effettivamente la garanzia del suo credito nascente dall'operazione di finanziamento.
Più in generale, poi, e prescindendo dalla convenzione di pegno, rispetto all'effettivo risultato che le parti intendono conseguire con il contratto di investimento, consistente nel conseguimento da parte del cliente dei diritti patrimoniali conseguenti all'acquisto dei titoli di Stato, in regime di materializzazione, la consegna del documento è oggetto di un diritto eventuale ed accessorio privo di autonomia perchè, come avviene in ogni fattispecie negoziale acquisitiva, o la fattispecie si perfeziona e l'acquirente diviene titolare del diritto, che può circolare e quindi anche essere sottoposto a pegno, senza che il diritto alla consegna del documento rappresentativo abbia alcuna effettiva utilità suscettibile di commercio giuridico, o la fattispecie non si perfeziona (ancora) e quindi il bene è di altri, con la conseguenza che, se anche fosse configurabile un diritto relativo alla consegna, si tratterebbe di un credito che al massimo, in quanto pegno sul credito alla consegna di cosa altrui, potrebbe essere oggetto di un pegno con effetti obbligatori ma non reali.
Dai rilievi svolti emerge allora che il risultato che discenderebbe dall'esatto adempimento della convenzione consisterebbe nella trasformazione, al momento appunto dell'adempimento, del pegno di credito in pegno di cosa (il documento che incorpora il titolo di debito pubblico). Tale effetto automatico, che sembrerebbe trovare nell'art. 2803 c.c., una base legale, in realtà incontra il doppio limite dell'insufficiente indicazione della cosa nella convenzione di pegno di credito e del fatto che il cliente diviene proprietario dei titoli già al momento dell'individuazione e quindi non può operare la trasformazione del diritto di credito alla consegna in diritto di proprietà dei titoli previsto dall'art. 2803 c.c., perchè, appunto, l'acquisto della proprietà precede e non segue la consegna stessa.
Peraltro se l'automatica trasformazione del pegno di credito alla consegna in pegno di titoli fosse l'effetto di apposita convenzione tra le parti, si avrebbe innanzi tutto una sostituzione dell'oggetto dei pegno equivalente a un nuovo pegno. Si porrebbe inoltre in essere una convenzione elusiva del divieto di patto commissorio perchè l'appropriazione dei titoli da parte della banca, successivamente alla consegna realizza un effetto sostanzialmente analogo al patto commissorio, in quanto la banca verrebbe ad appropriarsi dell'oggetto del credito del cliente.
Del pari elusiva della disciplina legale imperativa (in quanto derogatrice del principio della par condicio creditoris) appare la convenzione oggetto del contendere. Infatti, se le parti intendono conseguire gli effetti propri del pegno, quale garanzia reale disciplinata dal codice e in particolare se intendono attribuire al creditore pignoratizio la prelazione, debbono rispettare le condizioni previste dalla disciplina positiva, libere certamente di conseguire effetti meritevoli di tutela in altro modo, come autorizza l'art. 1322 c.c., ma senza che in tal caso sia possibile ipotizzare che dalla convenzione possano discendere gli effetti reali e la prelazione che nascono dal pegno valido secondo la normativa codicistica.
In particolare il pegno di credito all'acquisto e alla consegna di titoli non ancora emessi ha natura di pegno di credito futuro, che fino a quando non si verifica la consegna ha effetti obbligatori e non attribuisce prelazione, che sorge solo dopo la specificazione o la consegna. A differenza del pegno di credito alla consegna di denaro o di altra cosa fungibile (art. 2803 c.c.) già esistenti al momento della convenzione, i titoli di Stato, in regime di materializzazione, non sono ancora esistenti fino a quando non viene formato il documento che li incorpora e pertanto, fino a che non viene effettuata l'individuazione non può sussistere la prelazione.
Nè può tralasciarsi che la disciplina delle condizioni in presenza delle quali può sorgere la prelazione anche in caso di pegno non avente ad oggetto una cosa, suscettibile di traditio, (art. 2800 c.c.) prevede che la scrittura contenente la convenzione di pegno su crediti o su altri diritti debba essere notificata o accettata dal debitore del credito sottoposto a pegno, facendo intendere che, al di là della possibilità in generale di sottoporre a vincolo in favore di un soggetto la prestazione della quale lo stesso sia debitore (come avviene nel caso di pignoramento o di sequestro conservativo di un proprio debito verso l'esecutato o il debitore sequestrato fatta dal creditore pignoratizio o sequestrante presso se stesso) la coincidenza tra il soggetto debitore della prestazione oggetto del credito sottoposto a pegno e di creditore della prestazione garantita non è compatibile con la disciplina del pegno.
In conclusione il ricorso principale deve essere rigettato."
Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 02-10-2012, n. 16725
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