17 settembre 2012

No alla reintegra nella servitù di parcheggio se il condomino chiude il cortile con la sbarra


Tale essendo il contenuto del diritto reale del quale i ricorrenti hanno chiesto la tutela in via possessoria, assumendo di avere esercitato una servitù sul bene di proprietà di altri soggetti, la domanda possessoria non poteva trovare accoglimento per l'assorbente ragione che non è configurabile una servitù di parcheggio.

Nella giurisprudenza di questa Corte si è infatti chiarito che "in tema di possesso, l'utilizzazione, da parte dei condomini di uno stabile, di un'area condominiale ai fini di parcheggio, non è tutelabile con l'azione di reintegrazione del possesso di servitù, nei confronti di colui che - come nel caso di specie - l'abbia recintata nella asserita qualità di proprietario. Per l'esperimento dell'azione di reintegrazione occorre infatti un possesso qualsiasi, anche se illegittimo ed abusivo, purchè avente i caratteri esteriori di un diritto reale, laddove il parcheggio dell'auto non rientra nello schema di alcun diritto di servitù, difettando la caratteristica tipica di detto diritto, ovverosia la realità (inerenza al fondo dominante dell'utilità cosi come al fondo servente del peso), in quanto la comodità di parcheggiare l'auto per specifiche persone che accedono al fondo non può valutarsi come una utilità inerente al fondo stesso, trattandosi di un vantaggio del tutto personale dei proprietari" (Cass. n. 1551 del 2009). Invero, "il parcheggio di autovetture su di un'area può costituire legittima manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, ma non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, diritto caratterizzato dalla cosiddetta realitas, intesa come inerenza al fondo dominante dell'utilità così come al fondo servente del peso, mentre la mera commoditas di parcheggiare l'auto per specifiche persone che accedano al fondo (anche numericamente limitate) non può in alcun modo integrare gli estremi della utilità inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio affatto personale dei proprietari" (Cass. n. 8137 del 2004).

Ed ancora, si è chiarito che "il nostro sistema giuridico non prevede la facoltà, per i privati, di costituire servitù meramente personali (cosiddette servitù irregolari), intese come limitazioni del diritto di proprietà gravanti su di un fondo a vantaggio non del fondo finitimo, bensì del singolo proprietario di quest'ultimo, sì che siffatta convenzione negoziale, del tutto inidonea alla costituzione del diritto reale limitato di servitù, va inquadrata nell'ambito del diritto d'uso, ovvero nello schema del contratto di locazione o dei contratti affini, quali l'affitto o il comodato. In entrambi i casi, il diritto trasferito, attesane la natura personale ed il carattere obbligatorio, non può ritenersi ipso facto trasmissibile, in assenza di una ulteriore, apposita convenzione stipulata dall'avente diritto con il nuovo proprietario del bene asservito. (Nella specie, il giudice di merito aveva qualificato come costitutiva di una duplice servitù, di passaggio e di parcheggio, una convenzione tra privati con la quale il venditore di un appartamento aveva altresì concesso all'acquirente, in sede di stipula dell'atto pubblico di alienazione, il diritto d'uso di uno scantinato al fine di parcheggiarvi un'autovettura - nonchè il diritto di passaggio sull'area che ne consentita l'accesso -, diritto non riconosciuto, in seguito, dagli eredi dello stesso venditore. La S.C., nel cassare la pronuncia, ha sancito il principio di diritto di cui in massima)" (Cass. n. 190 del 1999).

Alla luce di tali principi, deve quindi escludersi che la domanda possessoria proposta dal dante causa degli odierni ricorrenti, in quanto volta a tutelare non un possesso riferibile ad un diritto di proprietà sull'area in contestazione (che anzi, come rilevato, si afferma esplicitamente l'appartenenza di detta area ad altri soggetti), ma l'affermato possesso di una servitù di parcheggio dell'auto in un cortile di proprietà di altre persone, potesse essere accolta.

La sentenza impugnata, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda possessoria proposta dal dante causa degli odierni ricorrenti, è dunque corretta nel dispositivo. Ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere rigettato, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 13-09-2012, n. 15334

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