26 luglio 2012

Condominio e installazione dell’ascensore esterno che pregiudica la proprietà esclusiva dei singoli condomini


"Sotto altro profilo, si osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, l'azione proposta dall'attore, essendo diretta a far valere la nullità delle due delibere del 1997, non era soggetta al termine di decadenza previsto dall'art. 1137 c.c., comma 3; e che, come evidenziato dalla Corte di Appello, la nullità delle delibere condominiali può essere dedotta anche dal condomino che in assemblea si sia dimostrato consenziente all'esecuzione di opere poi rivelatesi lesive del suo diritto individuale.


Deve premettersi che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito, le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto (Cass. S.U. 7-3-2005 n. 4806; Cass. 9-12-2005 n. 27292; Cass. 20-7-2010 n. 17014).


Nella specie, pertanto, correttamente la Corte di Appello ha ritenuto la nullità delle due delibere impugnate, derivando dalle stesse la lesione del diritto dominicale esclusivo dell'attore e una indebita invasione nella sua sfera giuridica primaria.


Ai sensi dell'art. 1120 c.c., comma 2, infatti, devono ritenersi vietate non solo le innovazioni che, ancorchè adottate con le maggioranze qualificate di cui all'art. 1136 c.c., compromettano il pari uso e il concorrente diritto degli altri partecipanti nell'utilizzazione della cosa comune, ma anche quelle che pregiudichino la proprietà esclusiva dei singoli condomini.


In tali sensi si è già pronunciata questa Corte, rilevando, in particolare, che la L. 9 gennaio 1989, n. 13, art. 2, (recante norme per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati), dopo aver previsto la possibilità per l'assemblea condominiale di approvare le innovazioni preordinate a tale scopo con le maggioranze indicate nell'art. 1136 c.c., commi 2 e 3 - così derogando all'art. 1120 comma 1, che richiama l'art. 1136, comma 5, e, quindi, le più ampie maggioranze ivi contemplate -, dispone, al comma 3, che resta fermo il disposto dell'art. 1120 comma 2, il quale vieta le innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell'utilità secondo l'originaria costituzione della comunione. Ne deriva che, a maggior ragione, sono nulle le delibere che, ancorchè adottate a maggioranza al fine indicato, siano lesive dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative (nella specie, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito i quali avevano dichiarato la nullità della deliberazione adottata a maggioranza in base alla L. n. 13 del 1989, art. 2, cit. di installazione di un ascensore volto a favorire le esigenze di un condomino portatore di handicap, che comportava un sensibile deprezzamento dell'unità immobiliare di altro condomino sita a piano terra) (Cass. 25-6-1994 n. 6109).


Per le stesse ragioni, deve ritenersi la nullità della delibera di installazione dell'impianto di ascensore adottata nell'interesse comune, se da essa consegua la violazione dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva; con la conseguenza che tale causa di invalidità non è soggetta ai termini di impugnazione di cui all'art. 1137 c.c., u.c., ma può essere fatta valere in ogni tempo da chiunque dimostri di averne interesse e, quindi, anche dal condomino che abbia espresso voto favorevole (cfr. Cass. 19-3-2010 n. 6714, Cass. 24-5-2004 n. 9981; Cass. 18-4-2002 n. 5626)."

Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-07-2012, n. 12930

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