15 dicembre 2013

Contratto di locazione a non domino: è "solo" inefficace

Venendo dunque all'esame del merito del primo motivo di ricorso, va rilevato in fatto che il giudice del rinvio, chiamato a stabilire se fosse corretta o meno la sentenza di primo grado che affermò la responsabilità del locatore per inadempimento, condannandolo al risarcimento del danno, ha ritenuto che "la responsabilità del locatore non può essere regolata dalla normativa relativa al contratto di locazione, non sussistendo (...) un valido contratto di locazione alla base del rapporto tra le parti".

Ed un valido contratto di locazione, secondo la Corte d'appello di Venezia, non sarebbe sussistito perchè il locatore, al momento della stipula, non aveva alcun valido titolo giuridico per disporre dell'immobile oggetto del contratto.

Questa affermazione è erronea in iure. Essa, infatti, confonde il piano della validità del contratto con quello della sua efficacia.

Nel caso di specie la Corte d'appello era chiamata a stabilire quale dovesse essere la sorte di un contratto di locazione stipulato da un locatore che non era nè proprietario dell'immobile locato, nè titolare di altri diritti reali, nè titolare di diritti personali di godimento su esso (c.d. locazione a non domino), e che di conseguenza non aveva potuto garantire al conduttore il pacifico godimento della cosa.

Per stabilire se un simile negozio sia invalido occorre muovere dal rilievo che il contratto valido è quello conforme alle prescrizioni dettate per esso dalla legge; il contratto efficace è invece quello idoneo a produrre effetti.

L'eterogeneità dei due concetti comporta la possibilità che un contratto sia valido, ma inefficace (ad es., il contratto sottoposto a condizione sospensiva), ovvero invalido, ma efficace (ad es., il contratto affetto da un vizio che ne comporti l'annullabilità).

Tra le principali cause di inefficacia del contratto la dottrina unanime annovera la mancanza di legittimazione in capo allo stipulante.

La legittimazione è tradizionalmente intesa come il potere di un soggetto di disporre dell'oggetto del contratto. La mancanza di essa non comporta l'invalidità del contratto, perchè quest'ultimo non può ritenersi difforme dallo schema legale sol perchè stipulato da persona non legittimata. La mancanza di legittimazione in capo allo stipulante comporta dunque soltanto l'inefficacia del contratto, cioè l'inidoneità a produrre gli effetti suoi propri.

I principi appena esposti sono del tutto pacifici in dottrina, da quasi un secolo: il primo contributo monografico dedicato ai negozi sul patrimonio altrui risale al 1936, ed i principi ivi esposti sono rimasti sostanzialmente condivisi sino ad oggi.

Alla luce di queste osservazioni è agevole stabilire se il contratto di locazione stipulato a non domino sia, nei rapporti tra locatore e conduttore, invalido od inefficace.

La locazione è definita dall'art. 1571 c.c., il contratto "col quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo".

Il contratto di locazione non ha natura reale: da esso infatti non scaturisce quale effetto immediato, in capo al conduttore, l'acquisto di un diritto rei inhaerens. Da un lato, infatti, il diritto del conduttore non può essere fatto valere erga omnes; dall'altro esso necessita della collaborazione del locatore per essere soddisfatto (come si desume dal testo dell'art. 1575 c.c.). Ci troviamo, dunque, al cospetto di un tipico diritto di credito.

La locazione stipulata a non domino non è dunque un contratto invalido: esso infatti non confligge con alcuna prescrizione imperativa, nè l'art. 1571 c.c., include, tra i requisiti di validità del contratto, la proprietà o la disponibilità dell'oggetto da parte del locatore.

L'indisponibilità (sia giuridica che di fatto) dell'immobile da parte del locatore costituisce dunque un tipico caso di difetto di legittimazione a stipulare, dal quale consegue non l'invalidità, ma l'inefficacia del contratto.

Va da sè che, ove il locatore di cosa altrui non sia in grado di garantire al conduttore il pacifico godimento della cosa, egli si rende inadempiente alle obbligazioni assunte con la stipula del contratto, ed in particolare a quelle di cui all'art. 1575 c.c.

Le conclusioni appena raggiunte sono corroborate da principi ripetutamente affermati da questa Corte.

Si è infatti più volte stabilita la validità del contratto di locazione stipulato da chiunque avesse la disponibilità (anche soltanto) di fatto di un bene (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 15443 del 14/07/2011; Sez. 3, Sentenza n. 9493 del 20/04/2007; Sez. 3, Sentenza n. 8411 del 11/04/2006; Sez. 3, Sentenza n. 4764 del 04/03/2005; Sez. 3, Sentenza n. 470 del 17/01/1997; Sez. L, Sentenza n. 640 del 11/02/1978; la sentenza capostipite in tal senso è rappresentata da Sez. 3, Sentenza n. 306 del 30/01/1968).

Unica eccezione a tale principio è rappresentata dall'ipotesi in cui la detenzione da parte del locatore sia stata acquisita vi aut clam, o comunque in violazione di norme di ordine pubblico (come nel caso dell'usurpatore): ma in tali casi l'invalidità del contratto deriverebbe dall'illiceità del suo oggetto, non certo dal difetto di legittimazione del locatore (ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 4119 del 13/07/1984).

Corte di cassazione – Sezione III civile – Sentenza 19 novembre 2013 n. 25911



Nessun commento: