04 gennaio 2013

Decadenza assunzione della prova e giuramento decisorio


Il primo motivo di ricorso deve essere accolto, per le ragioni di seguito precisate. In base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte:

a) la disposizione dell'art. 208 c.p.c., trova applicazione nei confronti del giuramento decisorio che, essendo deferito su fatti e tendendo al loro accertamento, costituisce un mezzo di prova vero e proprio (Cass. 16 aprile 1970, n. 1062);

b) poichè nelle controversie soggette al rito del lavoro trova applicazione l'art. 208 c.p.c., concernente la decadenza dall'assunzione della prova, secondo cui il giudice, dichiarata la decadenza, deve comunque fissare un'udienza successiva, per dar modo alla parte non comparsa di instare, se del caso, per la rimessione in termini, ne consegue che incorre in error in procedendo il giudice d'appello che, ammessa la prova di cui si tratta e constatata l'assenza della parte istante all'udienza all'uopo fissata, dichiari la decadenza di quest'ultima e decida, subito dopo, la causa, senza rinviare ad un'udienza successiva onde consentire, in quella sede, le eventuali difese della stessa parte, atteso che la disciplina dettata dall'art. 437 c.p.c., comma 3, (secondo cui "qualora ammetta le nuove prove, il collegio fissa, entro venti giorni, l'udienza nella quale esse debbono essere assunte e deve essere pronunciata la sentenza") non comporta un obbligo assoluto di decidere la causa nella stessa udienza dell'assunzione, stante la facoltà (di cui all'ultimo comma dello stesso articolo) di concedere alle parti, dopo l'assunzione, un termine per il deposito di note difensive, rinviando la causa all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine, per la discussione e la pronuncia della sentenza, e tenuto conto, peraltro, che la regola della contestualità presuppone comunque che la prova ammessa sia stata anche assunta, laddove, nel caso di mancata assunzione per l'assenza ingiustificata della parte, il rinvio è imposto dal citato art. 208 c.p.c., comma 2, (Cass. 11 marzo 2005, n. 5416; Cass. 3 dicembre 1998, n. 12279);

c) comunque, la mancata notifica dell'ordinanza ammissiva del giuramento decisorio nei termini fissati dal provvedimento comporta l'impossibilità di considerare soccombenti le parti alle quali il giuramento è stato deferito e non presentatesi a prestarlo, secondo il disposto dell'art. 239 c.p.c., ma non determina la decadenza del deferente dalla facoltà di farlo assumere, dovendo considerarsi solo ordinatori i termini di cui all'art. 237 c.p.c., in difetto di un'espressa disposizione che li dichiari perentori (Cass. 5 maggio 1990, n. 3748).

[...]

Deve essere disposta la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà ai suindicati principi e, in particolare, al seguente principio:

"la disposizione dell'art. 208 c.p.c. - concernente la decadenza dall'assunzione della prova - trova applicazione nei confronti del giuramento decisorio che, essendo deferito su fatti e tendendo al loro accertamento, costituisce un mezzo di prova vero e proprio, peraltro la suddetta disposizione, anche nelle controversie soggette al rito del lavoro, stabilisce che il giudice, dichiarata la decadenza, deve comunque fissare un'udienza successiva, per dar modo alla parte non comparsa di instare, se del caso, per la rimessione in termini; ne consegue che incorre in error in procedendo il giudice d'appello che, ammesso il giuramento decisorio e constatata l'assenza della parte istante all'udienza all'uopo fissata, dichiari la decadenza di quest'ultima e decida, subito dopo, la causa, senza rinviare ad un'udienza successiva onde consentire, in quella sede, le eventuali difese della stessa parte".

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 23-11-2012, n. 20777


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