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15 marzo 2012
Cassazione, inammissibilità per esposizione dei fatti con atti eteronomi
"E' affermazione assolutamente consolidata nella giurisprudenza di questa Corte che la prescrizione contenuta nell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d'inammissibilità, l'esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, nè accenni all'oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare, mediante spillatura, per intero il libello introduttivo e tutti gli atti successivi.
Tale modalità di redazione del ricorso, invero, lungi dal costituire applicazione della disposizione processuale testè richiamata e dei principi in tema di autosufficienza elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, contraddice la lettera e lo spirito della norma, la quale è preordinata ad agevolare la comprensione della materia del contendere, depurandola - alla luce dell'esposizione dei punti salienti degli scritti difensivi delle parti, dell'esito dei gradi precedenti nonchè del tenore della decisione impugnata - delle questioni non più controverse. Di talchè la spillatura, cartacea o elettronica che sia, affidando sostanzialmente ad atti eteronomi l'adempimento di un preciso onere processuale dell'impugnante e rendendo particolarmente indaginosa l'individuazione dei punti oggetto di contrasto e sui quali la Corte è chiamata a pronunciarsi, rende il ricorso passibile della sanzione dell'inammissibilità (confr. Cass. civ. 16 marzo 2011, n. 6279; Cass. sez. un. 17 luglio 2009, n. 16628). Nella fattispecie il ricorrente ha esordito riportando per intero il verbale della sua audizione, avvenuta il giorno 13 ottobre 1998 e poi di seguito quello della riunione del Consiglio in seduta disciplinare del 16 novembre successivo. Ha proseguito riproducendo il contenuto delle comunicazioni dell'organo procedente; delle difese scritte presentate dai suoi avvocati; dei verbali delle sedute; della decisione del Consiglio, del ricorso alla Commissione Centrale; della pronuncia da questa resa, per poi approdare, finalmente alla esposizione delle censure.
Ma tale modalità di redazione del ricorso realizza esattamente quell'assemblaggio che la giurisprudenza di questa Corte sanziona con la declaratoria di inammissibilità. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile."
Cass. civ. Sez. III, Sent., 13-03-2012, n. 3971
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