11 marzo 2013

Effetto devolutivo dell'appello e il giudicato interno formatosi su capi autonomi della sentenza


E' orientamento stabile di questa Corte quello per cui "l'effetto devolutivo dell'appello entro i limiti dei motivi d'impugnazione preclude al giudice del gravame esclusivamente di estendere le sue statuizioni a punti che non siano compresi, neanche implicitamente, nel tema del dibattito esposto nei motivi d'impugnazione, mentre non viola il principio del tantum devolutimi quantum appellatum il giudice di appello che fondi la decisione su ragioni che, pur non specificamente fatte valere dall'appellante, tuttavia appaiano, nell'ambito della censura proposta, in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi, costituendone necessario antecedente logico e giuridico. Nel giudizio d'appello, infatti, il giudice può riesaminare l'intera vicenda nel complesso dei suoi aspetti, purchè tale indagine non travalichi i margini della richiesta, coinvolgendo punti decisivi della statuizione impugnata suscettibili di acquisire forza di giudicato interno in assenza di contestazione, e decidere, con pronunzia che ha natura ed effetto sostitutivo di quella gravata, anche sulla base di ragioni diverse da quelle svolte nei motivi d'impugnazione" (Cass., 10 febbraio 2006, n. 2973).

A tal riguardo, occorre rammentare che il giudicato interno si forma solo su capi autonomi della sentenza, che risolvano questioni aventi una propria individualità e autonomia, tali da integrare una decisione del tutto indipendente (Cass., 23 agosto 2007, n. 17935).

Più in particolare, la statuizione minima suscettibile di rimanere coperta dal giudicato interno è "quella avente ad oggetto congiuntamente le decisioni sull'esistenza di un fatto, l'esistenza di una norma, e l'esistenza degli effetti da questa associati al fatto.... Le questioni il cui esame può essere precluso dal giudicato interno non sono, cioè, costituite dai singoli quesiti su fatto, norma ed effetto che ogni domanda ed ogni eccezione pongono al giudice, ma dalla loro congiunzione" (Cass., 29 ottobre 1998, n. 10832, in motivazione).

In altri termini, è il rapporto giuridico o la fattispecie sui quali si controverte che sono suscettibili di passare in cosa giudicata e non già elementi frazionati di essi.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-01-2013, n. 484

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