15 dicembre 2013

Regolamento condominiale e divisione in parti uguali la spesa per parti comuni - criterio della soccombenza

Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell'art. 1123 c.c., e art. 68 disp. att. c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Tale doglianza appare, ad avviso del relatore, manifestamente infondata. Infatti, come già correttamente rilevato nel grado d'appello dal Tribunale di Napoli, il criterio legale di ripartizione delle spese condominiali, prescritto dal combinato disposto dell'art. 1123 c.c., e art. 68 disp. att. c.p.c., può essere derogato, essendo disponibile il diritto di contribuzione o riparto, relativo alle dette spese, mediante convenzione che, per la sua natura contrattuale, presuppone il consenso di tutti i condomini.

Nel caso in esame, il regolamento condominiale possiede natura contrattuale (come si evince dall'all. n. 8 alla produzione di parte opposta in primo grado) e risulta richiamato nel contratto locativo (cfr. art. 14).

Dunque, sotto tale profilo, non si è concretizzata alcuna violazione di norme di legge (cfr, a tal proposito, Cass. n. 3944 del 2002, per cui in materia di condominio, è valida la disposizione del regolamento condominiale, di natura contrattuale, secondo cui le spese generali e di manutenzione delle parti comuni dell'edificio vanno ripartite in quote uguali tra i condomini, giacchè il diverso e legale criterio di ripartizione di dette spese in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascun condomino (art. 1123 c.c.) è liberamente derogabile per convenzione (quale appunto il regolamento contrattuale di condominio), nè siffatta deroga può avere alcuna effettiva incidenza sulla disposizione inderogabile dell'art. 1136 c.c., ovvero su quella dell'art. 69 disp. att. c.c., in quanto, seppure con riguardo alla stessa materia del condominio negli edifici, queste ultime disciplinano segnatamente i diversi temi della costituzione dell'assemblea, della validità delle deliberazioni e delle tabelle millesimali; v., anche, Cass., n. 898 del 1984).

[...]

Infatti, secondo quanto stabilito dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 15483 del 2008 e Cass. n. 17523 del 2011), il criterio della soccombenza, sulla base del quale va effettuata la statuizione delle spese, deve essere unitario e globale, anche qualora il giudice ritenga di giungere alla compensazione parziale delle spese di lite, condannando poi per il residuo una delle parti; in tal caso, l'unitarietà e la globalità del suddetto criterio comporta che, in relazione all'esito finale della lite, il giudice deve individuare la parte parzialmente soccombente e quella, per converso, parzialmente vincitrice, in favore della quale il giudice del gravame è tenuto a provvedere sulle spese secondo il principio della soccombenza applicato all'esito globale del giudizio, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato.

Corte di cassazione – Sezione VI civile – Ordinanza 7 ottobre 2013 n. 22824


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