12 ottobre 2013

Riconosciuto al coniuge il risarcimento del danno non patrimoniale per diagnosi errata

La Corte di appello ha dato atto che - a seguito dell'intervento chirurgico superfluamente distruttivo e dell'errata notizia di essere affetto da una malattia mortale con breve aspettativa di sopravvivenza, notizia smentita con grave ritardo rispetto a quanto sarebbe stato possibile - il G. è rimasto vittima di uno stato ansioso, con elaborazione depressiva e presenza di somatizzazioni, come accertato da una relazione medica del Servizio di Neuropatologia del Dipartimento di Patologia Sistematica dell'Università di (OMISSIS) (pag. 10 della sentenza); che tale stato si è protratto anche dopo il responso dell'esito favorevole della biopsia, per il timore dell'infortunato che si trattasse di una pietosa bugia e che i familiari gli nascondessero la verità; che per effetto della situazione anche la moglie appariva distrutta a causa dello stato psicologico del marito, dovendo per di più farsi carico della suocera anziana in casa.

Sulla base di tali premesse la Corte di appello ha però negato la rilevanza dei danni morali con motivazione sostanzialmente apodittica: dichiarando cioè che il danno morale dei congiunti assume rilievo solo se "può ricondursi alle ipotesi di lesioni seriamente invalidanti, tali cioè da rendere di particolare gravità le sofferenze del soggetto leso e, di riflesso, quelle dei suoi prossimi congiunti e da compromettere lo svolgimento delle relazioni affettive" (pag. 11).

A parte il fatto che non può in linea di principio escludersi che il danno psichico, soprattutto gli stati depressivi, possano assumere un tale rilievo da doversi considerare gravemente invalidanti, è indubbio che nella specie la situazione venutasi a creare era obiettivamente idonea a configurare sofferenze di particolare gravità non solo per il soggetto direttamente leso, ma anche per colei che da anni ne condivideva la vita, ed era certamente tale da compromettere 10 svolgimento delle relazioni affettive (come ben sperimenta chi si trovi a convivere con un depresso).

Il diniego di ogni rilievo a tali sofferenze, quale danno morale meritevole di un risarcimento, è perciò conclusione pressochè immotivata e contraddittoria rispetto alle premesse sopra richiamate.

Questa Corte ha più volte deciso che l'illecito può esplicare a carico degli stretti congiunti una sua potenzialità lesiva autonoma, venendo così ad assumere una valenza plurioffensiva, sì da poter essere considerato come causa immediata e diretta non solo del danno subito dalla vittima, ma anche di quello subito dal congiunto (cfr. per tutte, Cass. civ. S.U. 1 luglio 2002 n. 9556).

La sentenza impugnata deve essere sul punto annullata.

Cass. civ. Sez. III, Sent., 04-06-2013, n. 14040


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