02 aprile 2013

Risoluzione del contratto - contratti ad esecuzione continuata o periodica


La Corte di appello di Palermo ha ritenuto applicabile l'art. 1458 c.c. prima parte, a mente del quale la risoluzione del contratto per inadempimento non ha effetto retroattivo tra le parti "nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite".

Tale fattispecie normativa si realizza, secondo la Corte territoriale, nei contratti in cui l'esecuzione ha luogo per coppie di prestazioni da eseguirsi contestualmente e con funzione corrispettiva. Solo in tal caso non opererebbe l'effetto risolutorio, creandosi altrimenti sovrapposizione tra azione di risoluzione e azione di adempimento della specifica prestazione. Pertanto ad avviso della Corte peloritana il creditore che ha prescelto la via della risoluzione del rapporto non può pretendere l'adempimento di una prestazione che "per il fatto di essere ancora ineseguita, rende non esaurito il relativo rapporto e possibili i conseguenti effetti restitutori".

Il Collegio non reputa corretta la soluzione adottata dalla sentenza impugnata, che non sfugge alla censura.

Ai sensi dell'art. 1458 cod. civ., comma 1 operante laddove si riconduca il rapporto fra i contratti ad esecuzione continuata o periodica, deve ritenersi che il creditore adempiente, il quale opti per la risoluzione a fronte dell'inadempimento dell'altra parte, mentre non può reclamare il pagamento di prestazioni successive, conserva il diritto a ricevere le controprestazioni delle prestazioni da lui stesso in precedenza eseguite (Cass. 7556/92).

In sostanza nei contratti ad esecuzione periodica o continuata, l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite (art. 1458 c.c., comma 1), per tali intendendosi quelle con le quali il debitore abbia pienamente soddisfatto le ragioni del creditore (Cass. 10383/98), ipotesi che non si è verificata nella specie.

Proprio con riferimento a un'altra prestazione nell'ambito del medesimo rapporto, questa Corte (Cass., 1 Sez., 20516/11) ha chiarito che il valore abdicativo della domanda di risoluzione del contratto rispetto alla domanda di adempimento, ai sensi dell'art. 1453 c.c., comma 2, riguarda la sola parte del rapporto per la quale è logicamente configurabile una scelta su un piano di alternatività tra risoluzione e adempimento, essendo i contraenti ancora su una posizione di parità, a fronte di prestazioni e controprestazioni ineseguite, mentre non riguarda quella parte del rapporto che rimane insensibile alla vicenda risolutiva in quanto vi è stato un adempimento, sia pure da parte di uno dei contraenti.

Nel caso in esame, in cui, per sua natura, secondo la prospettazione ipotizzata in atti, non è possibile la restituzione della prestazione erogata (relativa all'appalto di servizi pubblicitari e in genere promozionali che è configurato), il soggetto adempiente ha pertanto diritto di conseguire l'adempimento della controprestazione, che è il modo più diretto per ripristinare l'equilibrio negoziale, salvo l'effetto risolutorio per la parte di rapporto ancora ineseguita. Resta pertanto divisibile l'effetto contrattuale ed esclusa la retroattività della risoluzione quando sia compromessa la possibilità di ricostituire il suddetto equilibrio mediante le restituzioni.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 07-03-2013, n. 5751

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