20 febbraio 2013

Responsabilità dei Giudici (2)


La L. 13 aprile 1988, n. 117, art. 2, commi 2 e 3 statuisce che: "2. Nell'esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto nè quella di valutazione del fatto e delle prove.

Costituiscono colpa grave:

a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;

b) l'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;

c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento;

d) l'emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione".

In tema di responsabilità civile dei magistrati, la L. 13 aprile 1988, n. 117, art. 2 nel fissare - a pena di inammissibilità, ai sensi dell'art. 5, comma 3, della stessa Legge - i presupposti della domanda risarcitoria contro lo Stato per atto commesso con dolo o colpa grave dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni, esclude che possa dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto, ovvero di valutazione del fatto e della prova. La clausola di salvaguardia riconducibile a quest'ultima esclusione prevista nel citato art. 2 non tollera letture riduttive perchè giustificata dal carattere fortemente valutativo dell'attività giudiziaria e - come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 18 del 19 gennaio 1989 - attuativa della garanzia costituzionale dell'indipendenza del giudice e, con essa, del giudizio (Cass. n. 25123 del 27/11/2006).

Va ricordato che per pacifica giurisprudenza di questa Corte la responsabilità prevista dalla L. n. 117 del 1988 è incentrata sulla colpa grave del magistrato tipizzata secondo ipotesi specifiche riconducibili al comune fattore della negligenza inescusabile (Cass. 20.3.1999, n. 2201), di tal che occorre un "quid pluris" rispetto alla colpa grave delineata dall'art. 2236 c.c. nel senso che si esige che la colpa stessa si presenti come "non spiegabile" e, cioè, senza agganci con le particolarità della vicenda idonee a rendere comprensibile anche se non giustificato l'errore del magistrato (Cass. 6.11.1999, n. 12357, in motivazione).

In particolare, per quanto concerne la fattispecie di cui alla L. n. 117 del 1988, art. 2, comma 3, lett. a) va rilevato che la negligenza inescusabile si sostanzia nella violazione evidente, grossolana e macroscopica della norma, mentre resta nell'area dell'esenzione da responsabilità la lettura della legge secondo uno dei significati possibili quando dell'opzione interpretativa sia dato conto;

pertanto, una lettura non corretta della legge o una errata applicazione di essa normalmente non comportano responsabilità del magistrato.

L'art. 2, comma 3, lett. b) considera il caso in cui il giudice affermi un fatto incontrastabilmente escluso dagli atti del procedimento, e, quindi, attribuisce rilevanza (sempre che sia determinato da inescusabile negligenza) all'errore "revocatorio" consistente nella supposizione di una circostanza fattuale la cui inesistenza sia chiaramente evidenziata dalle risultanze acquisite.

Ne consegue che detta norma non è invocabile nella diversa ipotesi nella quale il giudice ritenga il verificarsi di una determinata situazione di fatto senza elementi pertinenti, ovvero sulla scorta di elementi insufficienti, poi infirmati dalla acquisizione di dati ulteriori (Cass. n. 6950 del 1999). Va, pertanto, ravvisato l'errore rilevante ai sensi delle lett. b) e c), ove il giudice abbia posto a fondamento del suo giudizio elementi del tutto avulsi dal contesto probatorio di riferimento (Cass. 29.9.2002, n. 16935); al contrario, il detto errore va escluso, ove il giudice abbia ritenuto una determinata situazione di fatto senza elementi pertinenti ovvero sulla scorta di elementi insufficienti che, però, abbiano formato oggetto di esame e valutazione, trattandosi in tale caso di errato apprezzamento dei dati acquisiti (Cass. 20.9.2001, n. 11880, in motivazione).

Cass. civ. Sez. VI - 3, Ord., 27-12-2012, n. 23979

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