20 gennaio 2013

Giudizio petitorio subordinato alla definizione del giudizio possessorio


...ai fini dell'applicabilità dell'art. 705 c.p.c., il quale fa divieto al convenuto nel giudizio possessorio di proporre giudizio petitorio finchè il primo non sia stato definito e la sentenza non sia stata eseguita, deve intendersi per giudizio petitorio quello in cui si contenda circa l'appartenenza del diritto di proprietà o di altro diritto reale sulla cosa rispetto alla quale sia stata sollecitata la tutela possessoria, volta a contrastare quest'ultima (cfr., tra le tantissime, Cass. 8 settembre 1994, n. 7701; Cass. 5 novembre 1990, n. 10609);

l'azione di riscatto di un fondo rustico, proposta dal coltivatore diretto pretermesso nella vendita, ai sensi della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, si risolve nell'accertamento del diritto di proprietà dell'immobile ed implica pertanto una controversia (di natura reale) circa l'appartenenza di tale diritto (in termini, ad esempio, Cass. 11 marzo 1992, n. 2928. Sempre nello stesso ordine di idee, altresì, tra le altre, Cass. 31 luglio 2006, n. 17433).

Pertanto, il convenuto nel giudizio possessorio - nel caso in esame il ricorrente L.M. - non può proporre autonoma domanda finchè il primo giudizio non sia definito e la decisione non sia stata eseguita (Cass. n. 3415/07 e Cass. n. 17245/11, anche se in tema di spoglio della servitù di passaggio) e correttamente - quindi - il giudice del merito ha dichiarato improponibile la domanda del L.M., proposta, si noti, alcuni mesi dopo la citazione in possessorio da parte dei coniugi L. (citazione in possessorio dei coniugi L. del 26 giugno 1997; citazione L.M. in riscatto del 9 ottobre 1997).

Deve escludersi, da ultimo - in termini opposti rispetto a quanto invoca la difesa del ricorrente - che nella specie la domanda giudiziaria era proponibile in applicazione della regola di cui a C. cost. 3 febbraio 1992, n. 25 (che, come noto, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 705 c.p.c., comma 1, nella parte in cui subordina la proposizione del giudizio petitorio alla definizione della controversia possessoria ed all'esecuzione della decisione nel caso che ne derivi, o possa derivarne, un pregiudizio irreparabile al convenuto).

E' sufficiente al riguardo considerare - a prescindere da ogni altra considerazione - che questa Corte regolatrice ha ripetutamente affermato che in tema di prelazione agraria - anche dopo l'entrata in vigore della L. n. 2 del 1979, che costituisce interpretazione autentica della L. n. 590 del 1965 - il diritto di riscatto può essere esercitato in via stragiudiziale (cfr., ad esempio, Cass. 16 giugno 1990, n. 6058 e Cass. 11 febbraio 1989r n. 863, che evidenziano che qualora il retratto venga esercitato, entro l'anno della trascrizione del contratto di compravendita della citata L. n. 590 del 1965, ex art. 8, comma 5, con domanda giudiziale, questa assume anche valore di manifestazione di volontà negoziale, con la conseguenza che la successiva estinzione del processo non toglie efficacia alla dichiarazione medesima e non comporta la decadenza dal diritto di riscatto; Cass. 11 giugno 1987, n. 5084; Cass. 23 giugno 1986, n. 4166; Cass. 2 dicembre 1980, n. 6300).

Potendo il diritto di riscatto essere esercitato in via stragiudiziale è palese che nessun pregiudizio ha subito parte retraente dalla circostanza di dovere attendere, per agire giudizialmente per l'accertamento del proprio diritto in sede petitoria, la definizione di quello possessorio, ex art. 705 c.p.c..

Cass. civ. Sez. III, Sent., 11-12-2012, n. 22628


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