13 gennaio 2013

Espromissione


A tal proposito la Corte territoriale ha - in conformità alla giurisprudenza di questa Corte nell'interpretazione dell'art. 1272 c.c. (v., ad es., Cass. n. 609 del 1973; Cass. n. 6935 del 1983; Cass. n. 19118 del 2003 e Cass. n. 2932 del 2004) - evidenziato che l'espromissione è propriamente un contratto che intercorre fra creditore e il terzo, che assume spontaneamente l'obbligazione altrui, nel quale non vengono in considerazione i rapporti interni fra obbligato ed espromittente e nel quale non sono giuridicamente rilevanti i motivi che hanno determinato l'intervento del terzo, mentre la causa è costituita dalla assunzione dell'obbligazione altrui mediante un'attività del tutto svincolata dai rapporti eventualmente esistenti fra terzo e obbligato, anche se non si richiede l'assoluta estraneità dell'obbligato rispetto al terzo, essendo invece necessario che il terzo, presentandosi al creditore, non giustifichi il proprio intervento con un preesistente accordo con l'obbligato. Sulla scorta di tale presupposto ed in virtù della congrua applicazione dei criteri interpretativi (di cui agli artt. 1362 e 1362 c.c.), compatibili con la natura dell'atto in questione (in relazione al disposto di cui all'art. 1324 c.c.), fondata su un percorso argomentativo immune da vizi logici (e, perciò, insindacabile nella presente sede di legittimità: cfr., ad es., Cass. n. 5312 del 1988; Cass. n. 1615 del 1990 e Cass. 2396 del 2002), la Corte distrettuale ha sottolineato come la predetta dichiarazione prevedesse soltanto l'obbligo di fare in modo che venissero rispettati gli impegni assunti di cui alla stipula dei contratti preliminari con il S. ed il F. mediante la realizzazione delle unità immobiliari a schiera da edificare sul terreno di proprietà della s.r.l. Isaurica e, pertanto, non conteneva propriamente alcuna specifica promessa di effettuare un pagamento né il riconoscimento di avere un debito, così come non poteva qualificarsi alla stregua di una promessa rivolta al pubblico (dovendosi, oltretutto, escludere, pacificamente, la configurabilità di un titolo di credito in difetto, peraltro, del requisito essenziale della destinazione alla circolazione). La Corte di appello ha anche adeguatamente rilevato l'insussistenza della configurabilità della fideiussione, che costituisce, anch'essa, una fattispecie contrattuale (il cui patto non può risolversi nell'impegno di estinguere un debito altrui e che presuppone un incontro tra le volontà del fideiussore e del creditore della prestazione garantita), la cui causa è costituita non già dal rischio dell'inadempimento dell'obbligazione principale, ma dalla funzione di garanzia dell'adempimento dell'obbligazione mediante l'allargamento della base soggettiva la quale è del tutto indipendente dall'effettivo "rischio" di inadempimento e, dunque, dall'eventualità che il debitore principale non adempia la propria obbligazione, ovvero che il suo patrimonio (o il bene offerto in garanzia reale) sia insufficiente a soddisfare le ragioni del creditore.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 07-12-2012, n. 22166

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