20 gennaio 2013

Danno biologico iure hereditatis - danno c.d. catastrofale - danno biologico c.d. terminale o tanatologico


Il motivo di ricorso non è meritevole di accoglimento. S'impone una premessa, che non è solo terminologica, ma anche concettuale:

sebbene le ricorrenti facciano riferimento al "danno biologico iure hereditatis" e sebbene questa espressione sia stata ripresa anche dalla Corte d'Appello, risulta dagli atti, dal ricorso e dal complesso della motivazione della sentenza impugnata, così come dai precedenti richiamati sia da quest'ultima che dagli atti di parte, che le ricorrenti e il giudice d'appello (e prima di questo, anche il Tribunale) si siano riferiti al danno c.d. catastrofale.

Quest'ultimo va definito come il danno non patrimoniale conseguente alla sofferenza patita dalla persona che, a causa delle lesioni sofferte, nel lasso di tempo compreso tra l'evento che le ha provocate e la morte, assiste alla perdita della propria vita (cfr., da ultimo, Cass. n. 1072/11, n. 19133/11). La giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, i cui approdi più recenti si intendono qui confermare, è nel senso che tale ultimo danno, per un verso, debba essere distinto dal danno biologico c.d. terminale o tanatologico (danno connesso alla perdita della vita come massima espressione del bene salute), il cui risarcimento non risulta essere stato rivendicato dalle odierne ricorrenti; per altro verso, si distingua - distinzione, che più rileva ai fini della presente decisione - dal danno biologico rivendicato iure hereditatis dagli eredi di colui che, sopravvissuto per un considerevole lasso di tempo ad un evento poi rivelatosi mortale, abbia, in tale periodo, sofferto una lesione della propria integrità psico-fisica autonomamente considerabile come danno biologico, quindi accertabile (ed accertata) con valutazione medico-legale e liquidabile alla stregua dei criteri adottati per la liquidazione del danno biologico vero e proprio.

Cass. civ. Sez. III, Sent., 13-12-2012, n. 22896


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