20 dicembre 2012

Obbligazioni di mezzo e di risultato


Secondo una consolidata giurisprudenza di legittimità, le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato e non a conseguirlo. Ne consegue che l'inadempimento del medesimo non può essere desunto senz'altro dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale ed in particolare al dovere di diligenza, per la valutazione del quale trova applicazione, in luogo del criterio tradizionale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale fissato dall'art. 1176 c.c., comma 2, il quale deve essere commisurato alla natura dell'attività esercitata (Cass. 13-1- 2005 n. 583; Cass. 9-11-2006 n. 23918); sicchè la diligenza che il professionista deve impiegare nello svolgimento della sua attività è quella media, a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto non involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel qual caso essa è attenuata, configurandosi, secondo l'espresso disposto dell'art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave (tra le tante v. Cass. 7-4-2006 n. 8291; Cass. 8-8-2000 n. 10431; Cass. 14-8-1997 n. 7618). La violazione del dovere di diligenza comporta inadempimento contrattuale e determina, in applicazione del principio di cui all'art. 1460 c.c., la perdita del diritto al compenso (cfr. Cass. 22- 10-2007 n. 22087; Cass. 23-4-2002 n. 5928; n. 499 del 2001).

Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-11-2012, n. 20216


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