20 dicembre 2012

la domanda di liquidazione dei compensi per una prestazione di lavoro autonomo - domanda nuova in appello


Il motivo è infondato.

Questa Corte ha più volte avuto modo di chiarire che si ha mutamento della causa petendi, con conseguente introduzione di una domanda nuova preclusa in appello, quando il fatto costitutivo della pretesa sia modificato nei suoi elementi materiali, con la prospettazione di circostanze precedentemente non dedotte, e non anche quando sia modificato il profilo giuridico o la norma alla stregua della quale il fatto costitutivo venga dedotto; con la conseguenza che, ove siano rimasti immutati i presupposti di fatto già prospettati, anche per implicito, in primo grado, al giudice di appello è consentito di accogliere la domanda in base ad una norma giuridica diversa da quella indicata dalla parte al giudice di primo grado (Cass. 10-7- 1981 n. 4495; Cass. 3-7-1984 n. 3896).

In particolare, è stato puntualizzato che la domanda di liquidazione dei compensi per una prestazione di lavoro autonomo, secondo i criteri previsti dall'art. 2233 c.c., non modifica i presupposti di fatto e l'oggetto della domanda di liquidazione del compenso originariamente proposta per la medesima prestazione con esclusivo riferimento alla tariffa professionale, ma solo il profilo giuridico o, più propriamente, il quadro normativo di riferimento, della domanda (Cass. 19-8-1994 n. 7438). E infatti, in tema di compenso per l'attività svolta dal professionista, il giudice, indipendentemente dalla specifica richiesta del medesimo, a fronte di risultanze processuali carenti sul "quantum" ed in difetto di tariffe professionali e di usi, non può rigettare la domanda di pagamento del compenso, assumendo l'omesso assolvimento di un onere probatorio in ordine alla misura del medesimo, ma deve determinarlo, ai sensi degli artt. 1709 e 2225 c.c., con criterio equitativo, ispirato alla proporzionalità del corrispettivo con la natura, quantità e qualità delle prestazioni eseguite e con il risultato utile conseguito dal committente (Cass. 18-9-1995 n. 9829).

Alla stregua degli enunciati principi, deve escludersi che, proposta in primo grado dal professionista domanda di condanna al pagamento del compenso sulla base di asserite pattuizioni intercorse tra le parti, costituisca domanda nuova, inammissibile in appello ex art. 345 c.p.c., quella di liquidazione del compenso professionale sulla scorta dei criteri sussidiari di cui all'art. 2233 c.c..

Nella specie, pertanto, in difetto di prova del dedotto accordo delle parti sul quantum, il giudice di appello ha legittimamente verificato il fondamento della pretesa azionata alla stregua degli altri criteri legali di determinazione del compenso.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-11-2012, n. 20217


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