28 dicembre 2012

Ipotesi di risoluzione del contratto e restituzioni dei beni con effetto ex lune - risarcimento danni.


Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 1148, 1458 c.c. e art. 112 c.p.c., con motivazione insufficiente e contraddittoria, per essere stata respinta la richiesta di restituzione dei frutti civili degli immobili, ritenendo non proposta la relativa domanda, sull'erroneo presupposto che la stessa sarebbe stata formulata, con esclusivo riferimento ad un'occupazione abusiva e dagli istanti qualificata risarcitoria.

Il motivo è fondato.

Va premesso che,per costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, all'ipotesi di risoluzione del contratto, quale che sia la parte inadempiente, conseguono comunque con effetto ex lune le restituzioni dei beni, il possesso o la cui detenzione sia stata trasferita in virtù del negozio, poi caducatole dei frutti dallo stesso prodotti o producibili.

E' pur vero che,secondo la stessa giurisprudenza (citata nella sentenza impugnata), tale principio sostanziale va coordinato con quello processuale della necessità di una domanda, ma nel caso di specie, diversamente da quanto ritenuto dalla corte di merito, la richiesta deve considerarsi compresa in quella, formulata fin dal primo grado dagli odierni ricorrenti, che sia pure impropriamente qualificandola di "risarcimento danni" (che possono comunque aggiungersi agli effetti resti tutori, ove l'inadempimento abbia cagionato ulteriori pregiudizi patrimoniali), hanno tuttavia inequivocamente e sostanzialmente chiesto la restituzione del bene consegnato in forza del contratto, poi risolto, indicando quale ragione giustificativa di tale richiesta il fatto sostanziale costituito dalla indebita occupazione dell'appartamento. In altri termini, il fatto costitutivo dedotto a sostegno della richiesta, il cui inquadramento giuridico in ultima analisi ed in base al bimillenario principio processuale da mihi factum, dabo tibi ius, compete al giudice (v. tra le altre Cass. nn. 19630/11, 17457/10, 3012/10, 19090/07, 18513/07, 9087/06), risulta quello della detenzione sine titulo dell'immobile, rispetto alla quale l'ulteriore assunto connotato di illiceità ha costituito un quid pluris, la cui esclusione da parte del giudice,fermo restante il petitum, non avrebbe snaturatola soltanto ridimensionato la causa petendi, da individuarsi, a termini della citata giurisprudenza,nel fatto giuridicamente rilevante addotto a sostegno della richiesta, indipendentemente dalla qualificazione allo stesso attribuita dal deducente.

Conseguentemente il giudice non avrebbe potuto limitarsi a disporre la restituzione dell'immobile, detenuto in virtù del titolo poi risolto,ma anche accogliere ai sensi degli artt. 1458 e 1148 c.c., la domanda accessoria relativa al rimborso dei frutti prodotti, tra la data della consegna e quella del rilascio, dallo stesso, costituente un bene per sua natura redditizio, indipendentemente dalla buona fede dei promissari acquirenti,dovendo costoro essere considerati non possessori, bensì detentori del bene che loro era stato consegnato dai proprietari possessori (v. S.U. n. 7930/08), in virtù di un titolo,la promessa di vendita, poi retroattivamente caducato dalla pronunzia risolutoria.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 22-11-2012, n. 20714


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