28 dicembre 2012

I rapporti tra enti pubblici, soprattutto se di rilievo costituzionale, trovano disciplina esclusiva solo nelle norme contabili e finanziarie - arricchimento senza causa


Gli ultimi due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, attenendo entrambi alla pretesa violazione di norme del diritto civile, che si è già detto non essere applicabili nei rapporti tra enti pubblici previsti nella Costituzione della Repubblica, che sono parti essenziali dell'ordinamento repubblicano, come la Regione e lo Stato. Le ragioni del rigetto del primo motivo di ricorso già comportano assorbimento degli altri motivi di ricorso, per i quali occorrono solo alcune puntualizzazioni.

In ordine al secondo motivo di ricorso la sentenza impugnata chiarisce che i rapporti finanziari tra Stato e Regione non sono regolati dalle norme del codice civile come quella sulla ricognizione di debito dell'art. 1988 c.c., trovando la loro disciplina in ragione delle funzioni delegate o trasferite dal primo alla seconda, quali non sono, come già chiarito, quelle nel caso provvisoriamente esercitate dalla Regione Umbria all'atto del trasferimento a questa degli uffici statali, per le quali s'è chiesto il rimborso di quanto erogato dalla amministrazione regionale al di fuori della disciplina legislativa e regolamentare dei rapporti finanziari tra le stesse parti della causa (su tali rapporti cfr., tra altre, Cass. 9 dicembre 2004 n. 23007).

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato, restando assorbita ogni questione sulla esistenza di un riconoscimento del debito ai sensi dell'art. 1988 e.e, per le ragioni già richiamate e che si ritrovano pure nella sentenza impugnata che esclude, alle pagg. da 4 a 6, ogni rilievo delle regole del diritto civile nella disciplina dei rapporti finanziari tra Stato e Regioni.

Il ricorso erroneamente richiama, per superare l'osservazione che precede, sentenze di questa Corte relative a rapporti tra privati e P.A. nei quali ovviamente può valere, in casi eccezionali, la ricognizione di debito come fonte di obblighi (con la Cass. n. 8643 del 2003 citata in ricorso cfr. pure Cass. 18 giugno 2008 n. 16576 e 6 dicembre 2007 n. 25435). Quanto detto nei punti che precedono assorbe ogni questione sul preteso arricchimento senza causa che la Regione pone in subordine a base della richiesta di pagamento allo Stato.

E' facile rilevare che le norme sulla applicazione delle regole di cui agli artt. 1988 e 2041 c.c. si sono ritenute applicabili solo alle relazioni tra privati e amministrazioni pubbliche, potendo i primi fondare anche su tali norme del codice civile i crediti da loro azionati dinanzi al giudice ordinario entro i limiti individuati dalla giurisprudenza.

I rapporti tra enti pubblici, soprattutto se di rilievo costituzionale, trovano disciplina esclusiva solo nelle norme contabili e finanziarie, di natura costituzionale e ordinaria con i relativi regolamenti, non potendo per essi trovare applicazione le regole civilistiche inidonee a sostituire le fonti dei crediti tra enti pubblici espressamente regolate da leggi specifiche, anche se su di esse i privati possono fondare i loro diritti verso la P.A., ricorrendo all'art. 1988 c.c. in via principale e in subordine l'art. 2041 c.c. (sul tema cfr. con la citata Cass. n. 25435/2007 anche Cass. 26 maggio 2010 n. 12880).

Non vi può essere un arricchimento senza causa dello Stato per esborsi delle Regioni per l'esercizio di attribuzioni in materie di competenza statale, solo perchè gli stessi sarebbero giustificati dalla esistenza di una fase transitoria di trasferimento alle seconde delle funzioni del primo, in difetto di una norma che regoli in tal senso tali vicende alla luce della riserva di legge dell'art. 97 Cost.. Solo una eventuale parificazione di tali attribuzioni dello Stato a quelle delegate o trasferite alle Regioni e la loro espressa previsione nei capitoli di bilancio statali e regionali, possono giustificare un titolo per il rimborso di tali esborsi alla Regione e attualmente manca detta disciplina e va respinto il ricorso della Regione Umbria.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-11-2012, n. 20676


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