30 novembre 2012

L'ente pubblico proprietario o concessionario di una strada, risponde comunque dei pregiudizi subiti dall'utente


E' principio consolidato che l'ente pubblico proprietario di una strada extraurbana ha l'obbligo di mantenere in buono stato anche la zona non asfaltata, posta a livello tra i margini della carreggiata e i limiti della sede stradale - zona definita "banchina" dal previgente codice della strada (D.P.R. 15 giugno 1959 n. 393, art. 2) - atteso che tale area, pur normalmente destinata ai pedoni, può, in caso di necessità, temporaneamente ospitare veicoli, per manovre di breve durata o di emergenza. In tale contesto si è pertanto ritenuto che l'ente proprietario abbia l'obbligo di segnalare qualsiasi situazione di pericolo o di insidia inerente alla banchina medesima, pena, in caso contrario, la responsabilità in ordine ai danni che ne siano derivati (confr. Cass. civ. 4 giugno 2004, n. 10654; Cass. civ. 19 luglio 2002, n. 10577; Cass. civ. 9 gennaio 2002, n. 203).

Peraltro, relativamente agli oneri deduttivi e probatori che connotano la materia, questo giudice di legittimità ha ripetutamente statuito che, qualora non venga in discussione la disciplina di cui all'art. 2051 cod. civ., l'ente pubblico proprietario o concessionario di una strada, risponde comunque dei pregiudizi subiti dall'utente, secondo la regola generale stabilita dall'art. 2043 cod. civ., norma che non limita affatto la responsabilità della P.A. per comportamento colposo alle sole ipotesi di esistenza di un'insidia o di un trabocchetto. Ne deriva che, mentre spetta al danneggiato provare l'anomalia del bene, la quale va considerata fatto di per sè idoneo - in linea di principio - a configurare il comportamento colposo della P.A., incombe a quest'ultima dimostrare i fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la possibilità in cui l'utente si sia trovato di percepire o prevedere con l'ordinaria diligenza la suddetta anomalia o l'impossibilità di rimuovere, adottando tutte le misure idonee, la situazione di pericolo (confr. Cass. civ. 9 aprile 2009, n. 8692; Cass. 6 luglio 2006, n. 15383; vedi anche Corte cost. n. 156 del 1999).

Cass. civ. Sez. III, Sent., 06-11-2012, n. 19161


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