21 novembre 2012

Appalto e diligenza.


E' esatto che l'appaltatore è tenuto a realizzare l'opera a regola d'arte, osservando, nell'esecuzione della prestazione, la diligenza qualificata ai sensi dell'art. 1176 c.c., comma 2, quale modello astratto di condotta (che si estrinseca nell'adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell'attività esercitata), volto all'adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell'interesse creditorio, nonchè ad evitare possibili eventi dannosi; e che, anche laddove si attenga alle previsioni del progetto altrui, come nel caso in cui il committente predispone il progetto e fornisce indicazioni sulla relativa realizzazione, l'appaltatore può comunque essere ritenuto responsabile per i vizi dell'opera se, nel fedelmente eseguire il progetto e le indicazioni ricevute, non segnala eventuali carenze ed errori, giacchè la prestazione da lui dovuta implica anche il controllo e la correzione degli eventuali errori del progetto, mentre va esente da responsabilità laddove il committente, pur reso edotto delle carenze e degli errori, gli richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o gli ribadisca le indicazioni, in tale ipotesi risultando l'appaltatore stesso ridotto a mero nudus minister, cioè passivo strumento nelle mani del primo, direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilità di iniziativa o vaglio critico (Cass., Sez. 2, 9 novembre 2000, n. 14598; Cass., Sez. 2, 5 maggio 2003, n. 6754; Cass., Sez. 3, 31 maggio 2006, n. 12995).

Cass. civ. Sez. II, Sent., 25-10-2012, n. 18356

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