02 agosto 2012

L'erede beneficiato è sempre erede: è successore del defunto anche nei debiti


"Occorre muovere dalla considerazione che la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario - mediante la quale si realizza la separazione del patrimonio del defunto e la restrizione della responsabilità dell'erede intra vires hereditatis - è pur sempre dichiarazione di volere accettare l'eredità, sicchè l'erede beneficiato acquista i diritti caduti nella successione e diventa soggetto passivo delle relative obbligazioni. Come tale, a differenza del chiamato che non abbia ancora accettato, il quale a norma dell'art. 486 c.c., sta in giudizio in rappresentanza dell'eredità, l'erede beneficiato è legittimato in proprio a resistere e a contraddire, tant'è che l'eventuale pronuncia di condanna al pagamento dell'intero debito ereditario va emessa nei suoi confronti, salvo che, in concreto, la responsabilità andrà contenuta intra vires hereditatis nel caso in cui egli abbia fatto valere il beneficio, proponendo la relativa eccezione (Cass. civ. 19 marzo 2007, n. 6488; Cass. civ. 14 marzo 2003, n. 3791).


Posto dunque che l'erede beneficiato è, comunque, erede e che, come tale, succede anche nei debiti, l'affermazione secondo cui la disposizione dell'art. 490 c.c., comma 2, n. 2, ne limita la responsabilità per il pagamento dei debiti ereditari e dei legati intra vires e cum viribus, va posta in relazione alle cautele che nel sistema circondano l'aggressione dei beni propri dell'erede beneficiato, atteso che, a norma dell'art. 497 c.c., questi non può essere costretto al pagamento con i propri beni, se non quando è stato costituito in mora a presentare il conto e non ha ancora soddisfatto a quest'obbligo (comma 1) ovvero, dopo la liquidazione del conto, fino alla concorrenza delle somme di cui sia debitore (comma 2).


In tale contesto è stato quindi da questa Corte affermato che il beneficio d'inventario limita, normalmente, la responsabilità dell'erede non solo al valore, ma anche ai beni allo stesso pervenuti, assoggettando, in via di principio, questi e non quelli personali all'esecuzione forzata (confr. Cass. civ. 29 aprile 1993, n. 5067). Il che tuttavia non vuol dire che la vendita di un bene ereditario e il reinvestimento del denaro ricavato, rispettati gli oneri procedurali imposti dall'art. 747 c.p.c. e segg., valga a purgare definitivamente l'acquisto. E' sufficiente al riguardo considerare che il nodo della disciplina che limita la responsabilità dell'erede beneficiato è pur sempre il valore dei beni (art. 490 c.c., comma 2, n. 2, e proprio al fine di evitarne la dispersione il legislatore ha previsto non solo che gli atti dispositivi degli stessi debbano essere autorizzati, pena la decadenza dal beneficio d'inventario, dal tribunale, ma ha altresì stabilito che il giudice, quando occorre, fissi le modalità per la conservazione e il reimpiego del prezzo ricavato (art. 748 c.p.c., comma 2).


A ben vedere, infatti, in relazione all'eredità accettata con beneficio d'inventario, la trasparente ratio di tale norma è proprio quella di bloccare il valore del bene in modo che, se non cum viribus, i creditori possano comunque soddisfarsi intra vires.


Venendo al caso di specie - pacifico in causa che il bene staggito venne acquistato, in parte, anche grazie al denaro ricavato dalla vendita di un bene del de cuius e rimasto, per altro verso, fuori del dibattito processuale ogni questione in ordine a una eventuale presentazione del conto - non ha errato il giudice di merito quando ha ritenuto il cespite pignorabile ed espropriabile, ancorchè sul ricavato il creditore potrà soddisfarsi soltanto entro i limiti del valore del bene pervenuto alla minore. Nè è sostenibile che l'esecuzione dovesse essere ab initio contenuta alla sola frazione dell'immobile staggito ipoteticamente corrispondente al ricavato della vendita di quello ereditario, come la ricorrente sostiene nel terzo motivo di ricorso.


Sul piano dogmatico soccorre il rilievo, innanzi evidenziato, che l'erede beneficiato è pur sempre erede e, come tale, successore del defunto anche nei debiti; sul piano pratico, non par dubbio che la quota del bene acquistato in cui si è materializzato il valore di quello ereditario è elemento accertabile solo ex post, a esecuzione avvenuta, e che gli unici dati certi al momento del promovimento di questa sono, da un lato, il debito del de cuius rimasto impagato, e, dall'altro, il prezzo ricavato da quello ereditario reinvestito nel cespite pignorato."

Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-07-2012, n. 13206

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