22 giugno 2012

Intimazione di pagamento - iscrizione di ipoteca - espropriazione forzata

"Il ricorso ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore - può essere definito ai sensi dell'art. 375 c.p.c..


Infatti, con il terzo motivo di impugnazione (improntato alla violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, comma 2, e dell'art. 77, dello stesso D.P.R. e che appare più liquido degli altri precedenti e perciò degno di essere esaminato prioritariamente) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante abbia ritenuto che sia condizione necessaria per iscrivere ipoteca la previa notifica al debitore moroso dell'intimazione di pagamento ex art. 50, comma 2 dianzi menzionato.


Ma la norma in parola impone, in realtà, di notificare il predetto avviso prima dell'inizio dell'espropriazione forzata, mentre l'iscrizione ipotecaria (secondo quanto deduce per espresso dall'art. 77 citato, comma 2, nel quale si dice che "prima di procedere all'esecuzione, il concessionario deve iscrivere ipoteca"), come questa Corte ha chiarito nell'ordinanza n. 14831/2008 a proposito dell'omologo istituto del fermo amministrativo, non può più essere considerato quale "mezzo preordinato all'espropriazione forzata" che "si inserisce nel processo di espropriazione forzata esattoriale quale mezzo di realizzazione del credito", di fronte alla chiara volontà del legislatore (manifestata con la modifica del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 portata dal D.L. n. 223 del 2006) di escludere il fermo di beni mobili registrati dalla sfera tipica dell'espropriazione forzata. In quest'ottica è infatti prevalsa la tesi che l'adozione dell'atto in questione si riferisca ad una procedura alternativa all'esecuzione forzata vera e propria.


D'altronde, la stessa lettera dell'art. 77 - con l'esplicito riferimento al termine di cui all'art. 50, comma 1 - costituisce esplicito supporto all'anzidetta interpretazione, posto che non si intenderebbe il senso di un richiamo monco ad una disposizione che invece il legislatore avesse supposto applicabile in toto.


Non resta che concludere che il giudice di appello ha erroneamente risolto la lite sulla scorta della questione pregiudiziale di cui si è detto, sicchè la controversia deve essergli rimessa affinchè il medesimo giudice torni ad affrontare le questioni che ne risultano assorbite.


Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza."

Cass. civ. VI - 5, Ord., 20-06-2012, n. 10234

Nessun commento: