22 giugno 2012

Le SS.UU. sul R.D. n. 37 del 1934, art. 82 - PEC - domicilio presso la cancelleria

"Preliminare all'esame del merito del ricorso è la verifica della sua ammissibilità in ragione della ritualità, o no, della sua notifica alla parte intimata presso il suo procuratore in appello, domiciliato ex lege presso la cancelleria della corte d'appello dell'Aquila in applicazione dell'art. 82 cit.. Tale verifica implica l'esame della questione di diritto posta nella richiamata ordinanza interlocutoria della sezione lavoro (ord., 15 novembre 2011 - 18 gennaio 2012, n. 702) e che ha ad oggetto l'interpretazione di tale disposizione; questione sulla quale si è radicato il denunciato contrasto di giurisprudenza della cui composizione sono state investite queste sezioni unite.


Il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82 recante norme integrative e di attuazione del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella L. 22 gennaio 1934, n. 36, sull'ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore - disposizione questa che, pur essendo risalente nel tempo, è rimasta immutata e tuttora vigente anche dopo l'entrata in vigore del codice di procedura civile del 1940 e delle varie leggi di riforma che si sono succedute nel tempo - prevede che gli avvocati - e, prima della soppressione dell'albo dei procuratori legali L. 24 febbraio 1997, n. 27, ex art. 3, i procuratori - i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati - devono, all'atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso. Ed aggiunge che, in mancanza della elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria.


L'onere di elezione di domicilio non esclude che comunque - come recita il R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 4 - gli avvocati iscritti in un albo possano esercitare la professione davanti a tutte le Corti d'appello ed i Tribunali (nonchè, in passato, alle Preture) della Repubblica. Mentre davanti alla Corte di cassazione (ed altri organi giurisdizionali, quali in particolare il Consiglio di Stato e la Corte dei conti in sede giurisdizionale) il patrocinio può essere assunto soltanto dagli avvocati iscritti nell'apposito albo speciale.


L'art. 82 contiene quindi un duplice riferimento topografico: alla circoscrizione del tribunale e alla sede dell'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso.


Il primo riferimento si raccorda all'albo degli avvocati di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 17 tenuto dal consiglio dell'ordine degli avvocati presso ciascun tribunale, al quale sono iscritti, a domanda, gli avvocati per l'esercizio della professione forense e che presuppone che l'avvocato abbia la residenza nella circoscrizione del tribunale nel cui albo l'iscrizione è domandata (art. 26, R.D.L. cit.); cfr. l'art. 31, R.D.L. cit. che prescrive che la domanda per l'iscrizione all'albo degli avvocati è rivolta al Consiglio dell'ordine degli avvocati e dei procuratori nella cui circoscrizione il richiedente ha la sua residenza. L'art. 10 r.d.l. cit. poi prescrive che l'avvocato debba risiedere nel capoluogo del circondario del Tribunale al quale è assegnato, ma il Presidente del Tribunale, sentito il parere del Consiglio dell'ordine, può autorizzarlo a risiedere in un'altra località del circondario, purchè egli abbia nel capoluogo un ufficio presso un altro procuratore.


L'iscrizione a tale albo deve costantemente sussistere per svolgere l'attività difensiva; la cancellazione dall'albo costituisce tipica sanzione disciplinare (art. 40 r.d.l. cit.).


Alla circoscrizione del tribunale fa riferimento anche il D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, art. 6 (sull'esercizio della professione in uno Stato membro dell'UE) che prevede che per l'esercizio permanente in Italia della professione di avvocato, i cittadini degli Stati membri in possesso dei prescritti titoli, sono tenuti ad iscriversi in una sezione speciale dell'albo costituito nella circoscrizione del tribunale in cui hanno fissato stabilmente la loro residenza o il loro domicilio professionale. Gli avvocati possono chiedere il trasferimento dell'iscrizione all'albo di altra circoscrizione, anche di un diverso distretto, nella quale intendano fissare la propria residenza (L. 4 marzo 1991, n. 67, art. 6). La perimetrazione del circondario dei singoli tribunali è stata rivista dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, recante l'istituzione del giudice unico di primo grado.


Il secondo riferimento topografico coincide con la sede - e quindi con il comune dove è ubicata la sede - dell'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso.


Quindi l'avvocato che è assegnato a una determinata circoscrizione del tribunale può esercitare innanzi a qualsiasi autorità giudiziaria che ha sede in quella circoscrizione senza necessità di elezione di domicilio altrove. Ma se quest'ultima ha sede in una diversa circoscrizione, l'avvocato è onerato dell'elezione di domicilio nel luogo sede dell'autorità giudiziaria adita; altrimenti opera ex lege l'elezione di domicilio presso la cancelleria di quella autorità giudiziaria.


Il collegamento topografico posto dall'art. 82 comporta una vicinanza dell'avvocato alla sede dell'autorità giudiziaria innanzi alla quale è instaurato il giudizio per essere quest'ultima interna al territorio della circoscrizione del tribunale dove è l'albo professionale al quale è iscritto l'avvocato. La finalità è quella di agevolare le comunicazioni e le notificazioni all'avvocato;


finalità questa che è maggiormente evidente se si pensa all'epoca in cui la norma è stata posta e al diverso contesto dei mezzi di comunicazione che la connotava a fronte del progresso tecnologico dell'epoca attuale. Basti considerare che recentemente il D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 48, lett. d), conv., con mod., dalla L. 22 febbraio 2010, n. 24, ha inserito nel codice di rito l'art. 149- bis sulla notificazione a mezzo di posta elettronica. E prima ancora la L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, aveva aggiunto un terzo comma nell'art. 136 c.p.c. che prevede la possibilità delle comunicazioni di cancelleria mediante telefax o posta elettronica.


Pur in questo diverso contesto di comunicazioni e notifiche effettuabili anche in via telematica, la finalità dell'art. 82 è rimasta quella originaria: l'avvocato, in quanto iscritto all'albo del tribunale nella cui circoscrizione ricade la sede dell'autorità giudiziaria innanzi alla quale è instaurato il giudizio, deve essere "prossimo" a quest'ultima. In difetto di tale prossimità topografica, scatta un onere di elezione di domicilio che, ove disatteso, comporta la domiciliazione ex lege presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria. La giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex plurimis Cass., sez. 1, 9 marzo 1977, n. 976) ha sottolineato come l'art. 82 mira a rendere più agevoli e sollecite le comunicazioni e notificazioni degli atti processuali.


[...]


Il disposto dell'art. 82 cit. comporta quindi, per l'avvocato che difende in un giudizio innanzi ad un'autorità giudiziaria con sede in una circoscrizione diversa da quella del tribunale presso il quale è l'albo dove egli è iscritto, un onere di elezione di domicilio al fine di assicurare la "prossimità" dell'avvocato per ogni comunicazione o notifica.


La conseguenza del mancato rispetto di tale onere, che ha una connotazione quasi sanzionatoria in senso lato, è l'elezione di domicilio ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria suddetta; ciò che significa in concreto una marcata difficoltà per l'avvocato di avere notizia di comunicazioni e notificazioni fattegli presso la cancelleria, anche se, fin da epoca risalente (Cass., sez. 3, 10 agosto 1965, n. 1919), si è precisato che comunque vi è, non già un obbligo, ma solo una facoltà per il notificante di effettuare la notifica presso la cancelleria (cfr. anche Cass., sez. lav., 22 novembre 1995, n. 12064; sez. 2, 4 maggio 2005, n. 9225). Ma se il notificante si avvale di tale facoltà, la notifica è rituale.


[...]


Questo orientamento tradizionale e più volte ripetuto è stato recentemente disatteso da Cass., sez. lav., 11 giugno 2009, n. 13587, che all'opposto ha affermato che il R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 82 - secondo cui i procuratori che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge "fuori della circoscrizione del tribunale" al quale sono assegnati devono, all'atto della costituzione in giudizio, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso e, in mancanza dell'elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria - si applica al giudizio di primo grado, come si evince dal riferimento alla "circoscrizione del tribunale" e trova applicazione al giudizio d'appello solo se trattasi di procuratore esercente fuori del distretto, attesa la rado della disposizione, volta ad evitare di imporre alla controparte l'onere di una notifica più complessa e costosa se svolta al di fuori della circoscrizione dell'autorità giudiziaria procedente e ad escludere un maggiore aggravio della notifica ove il procuratore sia assegnato al medesimo distretto ove si svolge il giudizio di impugnazione; ne consegue che, ove il procuratore sia esercente all'interno del distretto, la notifica della sentenza di primo grado effettuata presso la cancelleria della corte d'appello è inidonea a far decorrere il termine breve di sessanta giorni per l'impugnazione. Successivamente Cass., sez. 2, 12 maggio 2010, n. 11486, ha ritenuto di dover aderire a questo nuovo orientamento limitandosi a ribadire che il richiamato art. 82 si applica al giudizio di primo grado, come si evince dal riferimento alla "circoscrizione del tribunale", e trova applicazione al giudizio di appello solo se trattasi di procuratore esercente fuori dal distretto (conf. da ultimo, Cass., sez. 3, 20 settembre 2011, n. 19125).


Il contrasto di giurisprudenza, denunciato dalla Sezione Lavoro con la citata ordinanza di rimessione della questione a queste Sezioni Unite, va risolto ribadendo l'orientamento tradizionale di cui si è finora detto.


[...]


Va quindi confermato l'orientamento in precedenza più volte affermato da questa corte, e sopra illustrato, alla stregua del quale deve ritenersi, nella specie, che il ricorso per cassazione sia stato correttamente notificato presso la cancelleria della corte d'appello dell'Aquila giacchè il procuratore costituito dalla parte appellata ed attualmente intimata era assegnato alla circoscrizione del tribunale di Teramo nel cui territorio non ricadeva la sede della corte d'appello dell'Aquila. Quindi, ai sensi dell'art. 82 come sopra interpretato, tale procuratore aveva, nel giudizio d'appello, l'onere di eleggere domicilio nella sede dell'autorità giudiziaria innanzi alla quale si procedeva (L'Aquila). Non avendo ottemperato a tale onere, le notifiche potevano ritualmente essergli fatte presso la cancelleria della corte d'appello dell'Aquila; così anche la notifica del ricorso per cassazione.


Deve però aggiungersi che l'indirizzo giurisprudenziale, qui disatteso con conferma di quello tradizionale, esprime comunque un comprensibile disagio nel continuare a fare applicazione di una norma processuale "datata", perchè risalente negli anni, negli stessi termini in cui per lungo tempo è stata interpretata.


Le regole del processo civile però hanno carattere strumentale della tutela dei diritti e la loro interpretazione, rispetto all'evoluzione di questi (ossia delle situazioni sostanziali), è tendenzialmente stabile sicchè la fedeltà ai precedenti (stare decisis), in cui si esprime la funzione nomofilattica di questa Corte, ha una valenza maggiore, così come è in linea di massima giustificato (e tutelabile) l'affidamento che le parti fanno nella stabilità dell'interpretazione giurisprudenziale delle regole del processo.


In proposito da una parte queste Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 18 maggio 2011, n. 10864) hanno elaborato una sorta di principio di precauzione, affermando che dinanzi a due possibili interpretazioni alternative della norma processuale, ciascuna compatibile con la lettera della legge, le ragioni di economico funzionamento del sistema giudiziario devono indurre l'interprete a preferire quella consolidatasi nel tempo, a meno che il mutamento dell'ambiente processuale o l'emersione di valori prima trascurati non ne giustifichino l'abbandono e consentano, pertanto, l'adozione dell'esegesi da ultimo formatasi.


D'altra parte, da ultimo, si è dato ingresso ad un principio innovatore a tutela dell'affidamento delle parti nella stabilità delle regole del processo, avendo queste sezioni unite (Cass., sez. un., 11 luglio 2011, n. 15144) ritenuto che il mutamento della propria precedente interpretazione della norma processuale da parte del giudice della nomofilachia, che porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse, ove tale "overruling" si connoti del carattere dell'imprevedibilità, si giustifica una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante "ex post" non conforme alla corretta regola del processo) e l'effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare, con la conseguenza che deve escludersi l'operatività della preclusione o della decadenza derivante dall'"overruling" nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente (e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell'arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto) nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa, la quale, sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l'apparenza di una regola conforme alla legge del tempo. Si tratta di una limitata applicazione della dottrina del c.d.


prospettive overruling: l'atto processuale compiuto al tempo della precedente giurisprudenza non è travolto da decadenza (o preclusione) sulla base di una nuova giurisprudenza, se connotata da imprevedibilità, la quale, sotto questo limitato aspetto, opera, in un certo senso, solo per il futuro.


Dopo quest'ultimo arresto giurisprudenziale risulta evidenziata la simmetria del profilo diacronico nel parallelismo tra controllo di costituzionalità e sindacato di legittimità.


Da una parte è possibile che una disposizione, oggetto di censura, sia inizialmente legittima e solo nel tempo divenga costituzionalmente illegittima per il mutamento del contesto normativo. La giurisprudenza costituzionale ha infatti elaborato la categoria dell'incostituzionalità sopravvenuta talchè, ricorrendo tale evenienza, la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale a partire da una certa data (cfr. da ultimo sent. n. 1 del 2012).


D'altra parte, sul piano del sindacato di legittimità, in particolare di questa Corte, è possibile non di meno ipotizzare che l'interpretazione di una disposizione muti nel tempo in ragione del diverso contesto normativo in cui si innesta e che quindi ci sia parimenti una modulazione diacronica del suo significato precettivo senza che ciò smentisca la natura meramente dichiarativa dell'interpretazione della legge fatta dalla giurisprudenza.


E' questo il caso dell'art. 82 cit..


Deve infatti considerarsi che il quadro normativo in cui va letto l'art. 82 ha subito di recente una significativa evoluzione che rifluisce anche sull'interpretazione della disposizione stessa.


[...]


Quindi conclusivamente - nel comporre il denunciato contrasto di giurisprudenza - può enunciarsi il seguente principio di diritto:


"Il R.D. n. 37 del 1934, art. 82 - che prevede che gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all'atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, e che in mancanza della elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria - trova applicazione in ogni caso di esercizio dell'attività forense fuori dalla circoscrizione cui l'avvocato è assegnato per essere iscritto al relativo ordine professionale del circondario e quindi anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d'appello e l'avvocato risulti essere iscritto ad un ordine professionale di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d'appello, ancorchè appartenente allo stesso distretto della medesima corte d'appello. Tuttavia, dopo l'entrata in vigore delle modifiche degli artt. 366 e 125 c.p.c., apportate rispettivamente dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), e dallo stesso art. 25, comma 1, lett. a), quest'ultimo modificativo a sua volta del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, comma 35-ter, lett. a), conv. in L. 14 settembre 2011, n. 148, e nel mutato contesto normativo che prevede ora in generale l'obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, si ha che dalla mancata osservanza dell'onere di elezione di domicilio di cui all'art. 82 per gli avvocati che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati consegue la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c., non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine"."

Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 20-06-2012, n. 10143

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