24 aprile 2012

Silenzio rifiuto e le istanze dei privati

"Premesso quanto sopra, rileva il Collegio che il ricorso di cui trattasi è inammissibile, dal momento che il rimedio giurisdizionale previsto dagli artt.. 31 e 117 del D.Lgs. n. 104/2010, può essere attivato avverso il silenzio rifiuto dell’Amministrazione, decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo, per ottenere, da parte di chi vi abbia interesse, “l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere” (comma 1 del suddetto art. 31). Il presupposto dunque per il riconoscimento dell’illegittimità del comportamento inerte della P.A. è l’esistenza di un “obbligo di provvedere”. Ebbene, nella specie, l’istanza prodotta dalla ricorrente all’Amministrazione regionale, tendeva ad ottenere la modifica dei budget di spesa, per gli anni 2008 e successivi, già assegnati con provvedimenti ormai da tempo emessi e consolidati e quindi, nella sostanza, a chiedere la modifica, in autotutela, di tali stessi provvedimenti. Al riguardo, peraltro, non può che richiamarsi il consolidato principio giurisprudenziale per cui le istanze dei privati volte a sollecitare l'esercizio del potere di autotutela da parte della p.a. hanno una funzione di mera denuncia o sollecitazione e non creano in capo alla medesima amministrazione alcun obbligo di provvedere, non dando luogo a formazione di silenzio inadempimento in caso di mancata definizione dell'istanza (cfr. da ultimo CdS, V, 30.12.2011, n. 6995). Pertanto, non sussisteva nel caso in esame, alcun obbligo per l'amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta ad ottenere un provvedimento di modifica delle determinazioni di fissazione dei budget di spesa, non essendo coercibile ab extra l'attivazione del procedimento di riesame delle relative decisioni già prese, mediante l'istituto del silenzio rifiuto (che pertanto nella fattispecie non si è formato)."

TAR Lazio (Sezione Terza Quater) sent. n. 3664/2012

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