27 agosto 2019

Vendita e appalto - differenze - prevalenza della componente del dare rispetto a quella del facere

Con il terzo motivo ... Srl lamenta la violazione degli artt. 1362 e ss., 1495 e 1667 c.c. perché la Corte di Appello avrebbe malamente applicato i canoni interpretativi del contratto concluso tra le parti ed erroneamente omesso di qualificarlo come appalto e di applicare di conseguenza, in luogo della norma di cui all'art. 1495 c.c., la diversa disciplina dei termini per la denuncia dei vizi dell'opera prevista -appunto- per l'appalto. La doglianza è inammissibile in quanto con essa si invoca un inquadramento del negozio giuridico intercorso tra le parti diverso da quello proposto dal giudice di merito, senza tener conto del consolidato principio per cui "In tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima -consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti- è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c. c., mentre la seconda -concernente l'inquadramento della comune volontà nello schema legale corrispondente- risolvendosi nell'applicazione di norme giuridiche può formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimità sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto così come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo" (Cass. Sez. 1, Ordinanza n.29111 del 05/12/2017, Rv. 646340; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n.420 del 12/01/2006, Rv. 586972). 
In particolare, ai fini dell'inquadramento del negozio sub specie di compravendita o appalto si ritiene che il criterio distintivo sia quello della "... prevalenza o meno de/lavoro sulla materia, da considerarsi, però, non in senso oggettivo, ma con riguardo alla volontà dei contraenti, al fine di accertare, nei singoli casi, se la somministrazione della materia sia un semplice mezzo per la produzione dell'opera ed il lavoro lo scopo del negozio (appalto) oppure se il lavoro sia il mezzo per la trasformazione della materia ed il conseguimento della cosa l'effettiva finalità del negozio medesimo (vendita)" (Cass. Sez. 2, Sentenza n.6171 del 02/06/1993, Rv.482645; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n.14209 del 17/12/1999, Rv.532306; Cass. Sez. 2, Sentenza n.11602 del 02/08/2002, Rv.556574; Cass. Sez. 2, Sentenza n.10319 del 28/05/2004, Rv.573264).   
Ne consegue che non è utilmente sindacabile in questa sede la scelta del giudice di merito di ritenere prevalente la componente del dare rispetto a quella del facere e di inquadrare, di conseguenza, la fattispecie nel paradigma della vendita anziché in quello dell'appalto, poiché essa si risolve in una valutazione di fatto concernente la ricostruzione della comune volontà dei contraenti.

Cassazione Civile Sent. Sez. 2 Num. 21693 Anno 2019 del 26.8.2019

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