Non è, poi, giuridicamente corretto escludere la risarcibilità del danno catastrofale per il solo fatto che la donna restò vigile per non più di due ore (nella terza si procedette al tentativo di rianimazione dopo l'improvviso peggioramento dello stato di coscienza"): ciò che rileva per affermare il diritto al risarcimento non è tanto la durata quanto l'effettiva esistenza di un danno catastrofale (ossia dello sconvolgimento psichico patito da chi si trovi a cogliere -anche per un periodo di breve durata - il proprio momento terminale), mentre l'elemento della durata della sofferenza può incidere unicamente sulla quantificazione del risarcimento (cfr., ex multis, Cass. n. 7126/2013 e Cass. n. 2564/2012).
Cass. civ. Sez. III, Sent., 24/03/2015, n. 5866
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