10 novembre 2013

Supercondominio: gli amministratori possono chiedere il ripristino delle parti comuni solo con mandato di tutti i condomini.

Con tale doglianza la ricorrente ha inteso sostenere che gli amministratori di ciascun Condominio non abbiano legittimazione in ordine ai beni comuni ovvero a servizio di più edifici condominiali.

Occorre, innanzitutto, evidenziare (cfr., ad es., Cass. n. 7286 del 1996 e Cass. n. 2305 del 2008) che i singoli edifici costituiti in altrettanti condomini vengono a formare un "supercondominio" quando talune cose, impianti e servizi comuni (viale d'ingresso, impianto centrale per il riscaldamento, parcheggio, locali per la portineria o per l'alloggio del portiere, ecc.) sono contestualmente legati, attraverso la relazione di accessorio a principale, con più edifici, appartengono ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati e sono regolati, se il titolo non dispone altrimenti, in virtù di interpretazione estensiva o analogica, dalle norme dettate per il condominio negli edifici. Ne consegue che le disposizioni previste dall'art. 1136 c.c., in tema di convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze si applicano con riguardo agli elementi reale e personale del supercondominio, rispettivamente configurati da tutte le unità abitative comprese nel complesso e da tutti i proprietari.

Questa Corte ha avuto già occasione di affermare nella ipotesi di un bene comune che sia a servizio di più edifici condominiali (c.d. supercondominio), che vanno tenuti distinti i rapporti di proprietà comune ed indivisa tra i partecipanti ai singoli edifici, dal rapporto di comunione sul bene in comproprietà a tutti i partecipanti ai singoli condomini, mancando questi ultimi di personalità giuridica (v. Cass. 4 maggio 1993 n. 5160) ed ha concluso nel senso che la gestione di tale bene comune spetta, pertanto, a tutti i comunisti, i quali debbono nominare un amministratore, e non (come spesso avviene nella pratica) al collegio costituito dagli amministratori dei singoli condomini, i quali possono esercitare i poteri previsti degli artt. 1130 e 1131 c.c. solo con riferimento all'edificio condominiale cui sono preposti.

[...]

Pertanto, è contrario a norme imperative il regolamento contrattuale di condominio, che preveda essere l'assemblea del supercondominio composta dagli amministratori dei singoli condomini. Essendo all'assemblea demandata la formazione della volontà dei condomini in ordine alla gestione delle cose comuni, e l'amministratore affidata l'esecuzione delle disposizioni di legge, del regolamento e della stessa volontà dell'assemblea, la confusione dei ruoli non può ammettersi. Il regolamento contrattuale, quindi, non può affidare al collegio degli amministratori il compito di sostituire istituzionalmente l'assemblea dei condomini.". Applicando tali principi generali in materia condominiale (cfr., ad es., Cass. n. 8842 del 2001; Cass. n. 12588 del 2002; Cass. n. 9206 del 2005 e Cass. n. 14765 del 2012) al caso in esame consegue che i giudici di merito avrebbero potuto affermare la legittimazione degli amministratori degli edifici componenti il supercondominio - a pretendere dall'attuale ricorrente il ripristino stato dei luoghi quanto al cortile antistante e comune gli edifici del complesso condominiale costituente il supercondominio - solo ove avessero ricevuto mandato dai singoli condomini. In proposito, infatti, va riconosciuto che anche nell'ipotesi di "supercondominio", la legittimazione ad agire per la tutela di diritti comuni spetta a ciascun singolo condomino (facente parte dei distinti condomini che compongono complessivamente il supercondominio), come precisato dalla Suprema Corte (ex multis Cass. n. 8570 del 26 aprile 2005), che per quanto concerne i diritti che i condomini vantano unicamente uti singuli, ha ritenuto necessario lo specifico mandato da parte di tutti. In altri termini, la legittimazione degli amministratori di ciascun condominio a compiere atti conservati, riconosciuta ex artt. 1130 e 1131 c.c., si riflette, sul piano processuale, nella facoltà di richiedere le necessarie misure cautelari soltanto per i beni comuni all'edificio amministrato, non anche per quelli facenti parte del complesso immobiliare composto di più condomini, quale accorpamento di due o più singoli condomini per la gestione di beni comuni (ferma l'autonomia amministrativa per i beni propri di ciascun distinto organismo), che deve essere costituito ed amministrato attraverso le deliberazioni dei propri organi (assemblea, composta dai proprietari degli appartamenti che concorrono a formarlo, ed amministratore del supercondominio) e, naturalmente, deve essere anche dotato di un proprio regolamento, che determini la misura in cui ciascun ente fondante partecipa alla gestione dei beni comuni, assumendo i relativi oneri e ripartendoli al suo interno. Al più - infatti - poteva risultare il conferimento del relativo potere da una deliberazione unanime delle assemblee assunte dai comproprietari dell'area. La esistenza di una simile delibera, però, non risulta dalla sentenza impugnata, la quale va, pertanto, cassata.”.

Corte di cassazione – Sezione II civile – Sentenza 26 agosto 2013 n. 19558


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