10 novembre 2013

Precetti a volontà del creditore, purché non si richiedano ulteriori spese al debitore.

Deve infatti ribadirsi che la rinnovazione del precetto configura senza dubbio un'attività legittima (quand'anche possa effettivamente comportare la revoca del precedente: Cass. 5 gennaio 1966, n. 114; Cass. 9 giugno 1981, n. 3736; Cass. 10 marzo 1990, n. 1985; Cass. 9 maggio 2006, n. 10613; Cass. 7 agosto 2012, n. 14189), purchè non comporti un ingiustificato incremento delle spese precettate, con la richiesta di quelle dei precedenti, se non altro quando non altrimenti giustificabili. E tanto non costituisce affatto, a differenza del frazionato azionamento di un credito unitario (Cass. 9 aprile 2013, n. 8576), abuso del diritto di agire esecutivamente, proprio perchè al creditore spetta il diritto di proseguire il processo esecutivo fintantochè il debitore esecutato non abbia pagato per intero l'importo dovuto, in forza del titolo esecutivo posto a base dell'esecuzione (per limitarsi alle più recenti: Cass. 14 novembre 2011, n. 23745; Cass. 27 novembre 2012, n. 21008).

Invero (come testualmente si esprime, da ultimo, Cass. 23 ottobre 2012, n. 18161):

è giurisprudenza costante di questo giudice di legittimità, cui va assicurata continuità, che la pendenza del procedimento esecutivo non preclude nè rende inutile la reiterazione dell'atto processuale che vi da inizio, al fine di porre al riparo la concreta attuazione della pretesa esecutiva dai possibili insuccessi conseguenti ad eventuali vizi di precedenti atti: pertanto, il creditore può validamente notificare al debitore il precetto per l'esecuzione di un titolo esecutivo sulla base del quale egli abbia già promosso azione esecutiva ancora pendente nel momento della notifica del successivo precetto (Cass. 2 marzo 2007, n. 4963; Cass. 22 luglio 1991, n. 8164);

nella medesima prospettiva è stato del resto reiteratamente affermato: a) che il creditore, in forza di uno stesso titolo esecutivo, può procedere a più pignoramenti del medesimo bene in tempi successivi, senza dover attendere che il processo di espropriazione aperto dal primo pignoramento si concluda, atteso che il diritto di agire in esecuzione forzata non si esaurisce che con la piena soddisfazione del credito portato dal titolo esecutivo: b) che in tal caso non si ha una situazione di litispendenza nel senso previsto dall'art. 39 cod. proc. civ., la cui applicazione postula la pendenza di più cause, aventi in comune le parti, la causa petendi e il petitum, incardinate dinanzi a distinte autorità giudiziarie e non davanti allo stesso giudice; c) che alla pluralità di procedure così instaurate può ovviarsi con la loro riunione ex art. 493 cod. proc. civ., senza che ciò comporti un pregiudizio per il debitore, poichè, in presenza di un pignoramento reiterato senza necessità, il giudice dell'esecuzione, applicando l'art. 92 cod. proc. civ., può escludere come superflue le spese a tal fine sostenute dal creditore procedente e il debitore può proporre opposizione contro una liquidazione delle spese che si estenda al secondo pignoramento (Cass. 18 settembre 2008, n. 23847; Cass. 16 maggio 2006, n. 11360).

Ed a tanto si aggiunga l'ulteriore circostanza che la non spettanza dell'intero credito azionato con il precetto non comporta mai un vizio di quest'ultimo e tanto meno nella sua interezza, ma soltanto la rideterminazione del quantum per il quale sono stati legittimi l'avvio e la prosecuzione del processo esecutivo (per tutte e tra le più recenti: Cass. 26 luglio 2012, n. 13205; Cass. 3 maggio 2011, n. 9698; Cass. 17 novembre 2009, n. 24215; Cass. 13 novembre 2009, n. 24047; Cass. 18 febbraio 2008, n. 4022; Cass. 20 maggio 2003, n. 7886).

In sostanza, libero è il creditore, fino al pagamento integrale del credito, di intimare tanti precetti quanti reputi necessari (e solo, per quanto visto, per l'importo complessivo del credito, non potendo egli frazionarne l'esecuzione), purchè non chieda, in quelli successivi, le spese (ed i compensi e gli accessori) per i precetti precedenti; ove invece, col precetto successivo o reiterato, intimasse anche il pagamento delle spese dei precetti precedenti, l'ultimo sarebbe si illegittimo, ma solo ed esclusivamente quanto a queste ultime, sicchè non potrebbe essere dichiarato invalido nella sua interezza.

Erra, pertanto, la gravata sentenza nell'escludere la legittimità - e per di più sotto il (del tutto incongruo) profilo dell'ammissibilità - del precetto intimato successivamente, per il solo fatto dell'avvenuta intimazione di precetti in tempo anteriore, o finanche dell'avvio di procedure esecutive, ma senza verificare se il credito, recato dal titolo esecutivo, sia stato completamente estinto e, comunque, dichiarando l'illegittimità del precetto successivo per l'intero, ove fosse risultata non dovuta una sola parte della somma che ne era oggetto, corrispondente alle spese dei precetti precedenti.”.

Corte di cassazione – Sezione III civile – Sentenza 29 agosto 2013 n. 19876


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