17 novembre 2013

Il sequestro del P.C. all’avvocato indagato è legittimo

Con ordinanza 16.10.12, il tribunale di Siena ha rigettato la richiesta di riesame e ha confermato il decreto di sequestro, emesso il 25.9.2012 dal P.M., a norma dell'art. 252 c.p.p., di due computer, posti nello studio degli avvocati D.B.G. e D.B. S.. In tali computer erano contenuti i files, ritenuti rilevanti, ai fini dell'accertamento dell'attendibilità delle certificazioni mediche, utilizzate dai legali, per ottenere il differimento di udienze penali, per impedimento, sebbene fosse poi risultato che in quello stesso giorno i predetti avevano svolto regolarmente altra attività professionale.

[...]

Il ricorso non è fondato.

L'ordinanza ricostruisce e valuta le emergenze delle indagini in corso, nei confronti di due avvocati che hanno ottenuto il rinvio di udienze penali, producendo un certificato del medesimo medico curante, attestante impedimento dovuto a ragioni salute, impedimento che è invece risultato inesistente.

Il sequestro dei due computer contenenti documenti afferenti alla loro attività è stato effettuato con lo scopo - esplicitato nel decreto di coercizione reale - di individuare i files rilevanti per accertare se i due legali, nei giorni in cui hanno prodotto i certificati attestanti l'impossibilità di svolgere attività lavorativa nelle udienze di cui hanno ottenuto il differimento per assoluto impedimento di presenziare, abbiano altrove svolto regolarmente attività lavorativa.

Di qui l'evidente pertinenzialità tra beni in sequestro e i reati che sono oggetto delle indagini in corso.

Da questo non contestato esame del provvedimento di sequestro, emerge:

a) l'impossibilità di riconoscere agli avvocati D.B. le invocate garanzie di cui all'art. 103 c.p.p., commi 3 e 4, essendo essi interessati nelle indagini non nella qualità di difensori di altri cittadini indagati, ma nella qualità di cittadini essi stessi indagati e, come tali, non meritevoli di privilegiata posizione difensionale: le guarentigie previste dall'art. 103 c.p.p., non introducendo un principio immunitario di chiunque eserciti la professione legale, sono applicabili unicamente se devono essere tutelate la funzione difensiva o l'oggetto della difesa (sez. 2^ n. 32909 del 16.5.2012, rv 253263).

Ugualmente non è opponibile il segreto professionale, in quanto:

a) oggetto e finalità del sequestro sono limitati ai files concernenti non il merito dell'attività professionale svolta dagli indagati, ma il se e il dove tale attività sia stata svolta, nei giorni in cui risultava uno stato patologico incompatibile con l'esercizio delle professione nelle udienze differite per questa causa;

b) il provvedimento coercitivo reale non riguarda comunicazioni o messaggi di posta elettronica tra i legali e i loro assistiti, che potrebbero trovarsi nei computer. Comunque non può porsi il problema del divieto di sequestro della corrispondenza fra difensore e assistito, poichè tale divieto riguarda solamente quei mezzi di comunicazione che siano riconoscibili, grazie ai contrassegni specificati dall'art. 35 disp. att. c.p.p..

Il ricorso va quindi rigettato con condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Cass. Pen. Sez. V, sentenza 24 aprile – 21 agosto 2013, n. 35269


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