10 novembre 2013

Il legale si appropria di somme del cliente ? Sei mesi di sospensione.

Il ricorso è infondato.

La ricorrente si è limitata a rilevare che il C.N.F. non avrebbe tenuto conto della memoria depositata in sede di discussione, e segnatamente della sentenza penale ad essa allegata, ma ha omesso di specificare le ragioni della rilevanza, in relazione alle contestazioni disciplinari rivoltele, delle circostanze desumibili dalla menzionata sentenza.

In proposito, appare sufficiente osservare che la detta rilevanza, in ordine alla quale - come si è appena detto - non vi è stata alcuna specifica deduzione da parte della ricorrente, appare all'evidenza insussistente. Invero, da un raffronto tra le incolpazioni ascritte alla ricorrente, ritenute sussistenti dal C.O.A. con la decisione confermata dal C.N.F., e quelle oggetto della sentenza penale emerge che tra gli addebiti disciplinari non vi è quello riferibile al reato di patrocinio infedele, dal quale la ricorrente è stata assolta, mentre la statuizione di non doversi procedere per rimessione della querela in ordine alla imputazione di appropriazione indebita -illecito, questo, che trova un riscontro tra le incolpazioni per le quali la ricorrente è stata sanzionata disciplinarmente - non spiega, all'evidenza, alcuna efficacia in ordine alla sussistenza del fatto come accertato dalla decisione impugnata. La impossibilità di procedere ad un accertamento di responsabilità in sede penale, per il venir meno di una condizione di procedibilità, infatti, lascia inalterato l'ambito della valutazione rimessa al C.N.F., così come ininfluente, sul piano delle contestazioni disciplinari per come accertate sussistenti dalla decisione impugnata, risulta l'affermazione contenuta nella detta sentenza in ordine alla inesistenza di un rapporto professionale tra il querelante S.P. e la ricorrente.”.

Corte di cassazione – Sezioni unite – Sentenza 19 luglio 2013 n. 17652

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