29 settembre 2013

La dichiarazione d’insolvenza di una società cooperativa esclusivamente mutualistica non è preclusa dal mancato raggiungimento di € 30.000 di debiti scaduti impagati

Non risultano precedenti di questa corte sulla possibilità di dichiarare lo stato d'insolvenza di società o enti con esposizione debitoria inferiore al minimo indicato nella L. Fall., art. 15, u.c..

Il motivo è in ogni caso infondato.

Sul piano della formulazione testuale delle norme, la L. Fall., art. 15, che nel suo ultimo comma esclude "la dichiarazione di fallimento" dell'impresa insolvente, se l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti e dall'istruttoria prefallimentare sia complessivamente inferiore a Euro 30.000,00, non è richiamato dalla L. Fall., art. 194, tra le norme applicabili alla liquidazione coatta amministrativa. La stessa disposizione non è neppure richiamata, specificamente, dall'art. 195, della stessa legge a proposito dell'accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza anteriore alla liquidazione medesima. Si tratta di una norma che introduce un'eccezione alla regola della fallibilità delle imprese, come tale insuscettibile di applicazioni analogiche a ipotesi (dichiarazione d'insolvenza di impresa non fallibile) diverse da quella regolata (dichiarazione di fallimento dell'impresa insolvente).

Più in radice, è da considerare che la deroga stabilita dalla norma in esame, che non contraddice lo stato d'insolvenza dell'impresa e non lo esclude, risponde ad esigenze di economia processuale che rendono ingiustificati i tempi e in costi di una procedura fallimentare nel caso di esposizioni debitorie minori. Essa, insomma, per un verso risponde a esigenze che non possono essere automaticamente estese all'istituto della liquidazione coatta amministrativa, connotato da ragioni di pubblica utilità; e per l'altro incide sulla liquidazione concorsuale ma non sullo stato d'insolvenza, qual è definito nella L. Fall., art. 5 cpv., disposizione alla quale implicitamente rinvia l'art. 2545 terdecies c.c., in tema d'insolvenza delle cooperative. Non vi sono dunque i presupposti per utilizzare questa previsione nella discussione sulla possibilità di dichiarare lo stato d'insolvenza.

Sul piano astrattamente logico essa, semmai, potrebbe venire in considerazione a proposito della liquidazione coatta amministrativa disposta a norma della disposizione da ultimo citata (o del D.Lgs. 2 agosto 2002, n. 220, art. 12). Un'ipotesi del genere è contemplata in effetti nella normativa secondaria, laddove esclude la nomina del commissario liquidatore nelle procedure di scioglimento d'ufficio ex art. 2544 c.c., delle società cooperative e dei loro consorzi, quando le attività da liquidare, purchè di natura mobiliare, non abbiano valore superiore a L. 2.500.000 (decreto del Ministero lavoro previdenza sociale 27 gennaio 1998: non rileva il fatto che, ai fini dell'economicità della procedura liquidatoria, qui si tenga conto del parametro dell'attivo, e nella L. Fall., art. 15, u.c., del passivo). Ma proprio il caso citato, con il suo espresso riferimento all'art. 2544 c.c. (oggi art. 2545 septiesdecies c.c.), che regola lo scioglimento della cooperativa per atto dell'autorità in casi diversi da quello dell'insolvenza, dimostra come il tema dei modi della liquidazione sia da un lato logicamente posposto a quello dello scioglimento, e dall'altro del tutto indipendente da quello dell'accertamento dell'insolvenza. Le ipotesi, che si vogliano rinvenire nell'ordinamento, di esclusione della liquidazione coatta amministrativa della cooperativa esclusivamente mutualistica, anche in caso d'insolvenza, riguardano insomma le determinazioni dell'autorità amministrativa in ordine alla liquidazione, e non l'accertamento dello stato d'insolvenza.

In conclusione il motivo di ricorso deve essere respinto, in applicazione del principio per cui la dichiarazione d'insolvenza della società cooperativa esclusivamente mutualistica, a norma della L. Fall., art. 195, non è impedita dalla circostanza che l'ammontare dei debiti della società, scaduti e non pagati, sia complessivamente inferiore a Euro 30.000,00, non applicandosi in questo caso l'art. 15, u.c., della medesima legge.

Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-04-2013, n. 9681


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