30 novembre 2012

Danni da cose in custodia art. 2051 cod. civ.


Il primo motivo di ricorso è fondato per le ragioni che seguono.

I principi giuridici che, secondo la giurisprudenza di legittimità, governano la materia, possono così riassumersi: la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 c.c., prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; tale responsabilità prescinde, altresì, dall'accertamento della pericolosità della cosa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l'insorgenza di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale idonea a interrompere il nesso causale tra cosa ed evento dannoso (Cass. civ. 7 aprile 2010, n. 8229; Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279; Cass. civ. 5 dicembre 2008, n. 28811).

La radicale oggettivazione dell'ipotesi normativa, insita nella prospettiva adottata - che rende più congruo parlare di rischio da custodia (piuttosto che di colpa nella custodia) e di presunzione di responsabilità (piuttosto che di colpa presunta) - comporta che la responsabilità in questione non esige, per essere affermata, un'attività o una condotta colposa del custode, di talchè, in definitiva, il custode negligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente, se la cosa ha provocato danni a terzi (Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279).

Assodato, dunque, che la responsabilità ex art. 2051 c.c. è esclusa solamente dal caso fortuito - che, si ripete, è qualificazione incidente sul nesso causale e non sull'elemento psicologico dell'illecito (confr. Cass. civ. 7 luglio 2010, n. 16029; Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279) - in relazione a talune fattispecie può essere necessario stabilire se l'evento derivi in tutto o in parte dal comportamento dello stesso danneggiato.

Ne consegue che corollario della regola sancita dall'art. 2051 c.c. è quella dettata dall'art. 1227 c.c., comma 1.

Peraltro il giudizio sull'autonoma idoneità causale del fattore esterno ed estraneo a produrre l'evento deve in ogni caso essere adeguato alla natura ed alla pericolosità della cosa, sicchè tanto meno essa è intrinsecamente pericolosa, tanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, a partire dall'uso improprio della cosa, fino all'eventuale interruzione del nesso eziologico tra la stessa e il danno e alla esclusione di ogni responsabilità del custode (confr. Cass. civ. 24 febbraio 2011, n. 4476; Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279).

Cass. civ. Sez. III, Sent., 06-11-2012, n. 19154


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