Con il secondo motivo si denunzia violazione dell'art. 91 c.p.c. per aver condannato il R. al pagamento delle spese processuali di primo grado e compensate quelle di appello, sul rilievo che non era imputabile al R., che in primo grado non si era neppure costituito, se in primo grado il Giudice di pace non l'aveva condannato. Inoltre il ricorrente lamenta la condanna alle spese della SAI. 6. Il motivo è infondato.
Quanto alla compensazione delle spese del R. in appello va osservato che nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese "per giusti motivi" deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l'adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi assolto l'obbligo del giudice anche allorchè le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come - a titolo meramente esemplificativo - nel caso in cui si da atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l'interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali (Cass. civ., Sez. Unite, 30/07/2008, n. 20598).
Nella specie, correttamente interpretando la sentenza impugnata, si rileva che tali valutazioni il giudice ha implicitamente effettuato, tra l'altro considerando il comportamento collaborativo tenuto dal R., che in primo grado non si era costituito e ritenendo che non fosse imputabile al R. la sua mancata condanna sulla base della piena confessione resa con il CID (mentre, come è noto, tale orientamento è stato completamente mutato da S.U. Sentenza n. 10311 del 05/05/2006, che ha ritenuto che tale dichiarazione confessoria non fa piena prova nei confronti del confitente, ma va liberamente apprezzata, cfr. 28/09/2010, n. 20352).
Cass. civ. Sez. III, Sent., 18-10-2012, n. 17894
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