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30 ottobre 2012
L'incollocamento al lavoro e l'assegno d'invalidità.
Il primo motivo non è meritevole di accoglimento.
Come questa Corte ha avuto modo di ribadire in più occasioni (v., in particolare, Cass. 28852/2008), le Sezioni Unite della Corte, con la sentenza 203/1992, seguita da numerose decisioni conformi, hanno stabilito il principio secondo cui ai fini del diritto all'assegno d'invalidità previsto dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13, l'invalido è da ritenersi "incollocato al lavoro" non per effetto del mero stato di disoccupazione o non occupazione ma solo quando, essendo iscritto (o avendo presentato domanda d'iscrizione) nelle speciali liste degli aventi diritto al collocamento obbligatorio, non abbia conseguito un'occupazione in mansioni compatibili.
La giurisprudenza della Corte ha altresì chiarito che ai fini dell'attribuzione dell'assegno mensile di invalidità l'"incollocazione al lavoro" - che è uno degli elementi costitutivi del diritto alla prestazione - assume due diversi significati rispettivamente per gli invalidi infracinquantacinquenni e per gli invalidi che abbiano, invece, superato i cinquantacinque anni di età (ma non ancora i sessantacinque, questo essendo il limite preclusivo per beneficiare della prestazione in argomento).
Con riguardo ai primi, fra i quali deve annoverarsi il C., per incollocato al lavoro deve intendersi colui che, essendo iscritto nelle liste del collocamento obbligatorio, non abbia trovato un'occupazione compatibile con le sue condizioni psico-fisiche, a nulla rilevando il fatto che non abbia ancora ottenuto il riconoscimento della percentuale di riduzione della sua capacità di lavoro da parte delle competenti commissioni sanitarie, ma essendo comunque necessaria, in questo caso, la presentazione della domanda di iscrizione nelle predette liste, non potendosi supplire alla mancanza di tale elemento con la prova dello stato di disoccupazione.
Con riferimento, invece, agli invalidi ultracinquantacinquenni (ma infrasessantacinquenni) - che non hanno diritto all'iscrizione nelle suddette liste - l'"incollocazione al lavoro" deve essere intesa come stato di effettiva disoccupa/ione o non occupazione ricollegato ad una riduzione di capacità di lavoro che di detto stato è causa e che non consente il reperimento di un'occupazione adatta alla ridotta capacità lavorativa dell'invalido (la cui prova può essere fornita in giudizio anche mediante presunzioni), senza che sia necessaria alcuna iscrizione o la domanda di iscrizione nelle liste del collocamento ordinario.
I problemi interpretativi e applicativi posti dalla previsione del D.L. n. 5 del 1971, art. 13 convertito dalla L. n. 118 del 1971, applicabile ratione temporis (la domanda amministrativa è stata presentata il 7 marzo 1996), che subordina il diritto all'assegno di invalidità civile alla condizione che l'interessato sia "incollocato al lavoro", prima delle modifiche introdotte con L. 24 dicembre 2007, n. 247, art. 1, comma 35, che ha sostituito il testo dell'art. 13 cit. introducendo, in luogo del requisito dell'incollocazione, quello più generico del mancato svolgimento di attività lavorativa, sono già stati esaminati e risolti da questa Corte di legittimità che ha ritenuto che l'interessato, al fine di dimostrare tale condizione, dovesse richiedere l'iscrizione, in relazione alla sua condizione di invalidità, nelle liste del collocamento cd. obbligatorio, ed ha anche precisato che tale adempimento dovesse essere eseguito anche in attesa della conclusione del procedimento per il riconoscimento da parte delle autorità competenti del possesso di quel grado di invalidità che abilitava a fruire del collocamento obbligatorio, tenuto anche presente il tenore della L. n. 482 del 1968, art. 19 circa la documentazione da presentare a corredo della domanda (cfr. Cass. 13279/2003, 17329/2003, 23762/2009; e Cass. un. 9502 e 5085 del 2012 con riferimento alla nuova L. n. 68 del 1999 sul collocamento dei disabili).
Tanto premesso, anche nella vicenda in esame va riaffermato (con Cass. 6297/2012 ed altri numerosi precedenti conformi), che ai fini del diritto all'assegno di invalidità civile, l'integrazione del requisito dello stato di incollocazione al lavoro presuppone che l'interessato si sia iscritto nelle liste speciali del collocamento obbligatorio o, quanto meno, abbia presentato la relativa domanda all'ufficio competente, senza che possa attribuirsi valenza esonerativa al mancato riconoscimento, da parte delle commissioni sanitarie di cui alla L. n. 118 del 1971, di un grado di invalidità sufficiente ai fini del collocamento agevolato, poichè, in realtà, è possibile presentare la domanda di iscrizione all'ufficio di collocamento anche in difetto del preventivo accertamento del requisito sanitario da parte delle commissioni sanitarie, allegando documentazione apprestata dall'interessato, com'è confermato dal tenore della L. n. 482 del 1968, art. 19 e dal fatto che la L. n. 118 del 1971, art. 11, nel disciplinare la presentazione delle domande alle commissioni sanitarie istituite con la stessa legge, fa riferimento solo a quelle finalizzate al conseguimento delle provvidenze ex artt. 12, 13, 23 e 24.
Il requisito dell'incollocazione al lavoro può prescindere dall'iscrizione nelle predette liste del collocamento obbligatorio solo nel caso d'impossibilità di iscrizione dovuta al superamento del limite d'età di cinquantacinque anni (peraltro, eliminato dalla nuova disciplina delle assunzioni obbligatorie, di cui alla L. n. 68 del 1999, nell'ottica della massima valorizzazione di un collocamento mirato dei lavoratori più deboli).
Tale condizione ostativa non ricorre nella specie ove le parti hanno allegato soltanto la mancata convocazione a visita, prima del decesso dell'assistito, per il riconoscimento della provvidenza economica e non la presentazione della domanda, da parte di C. S., per l'iscrizione all'ufficio di collocamento anche in difetto del preventivo accertamento del requisito sanitario da parte delle commissioni sanitarie e, pertanto, correttamente la Corte d'Appello ha ritenuto insussistente il requisito dell'incollocazione al lavoro in applicazione della predetta normativa e in consonanza con l'interpretazione data da questa Corte, senza peraltro affatto onerare gli eredi dell'invalido, come pure i ricorrenti sembrano adombrare nello svolgimento delle censure, di alcun impossibile adempimento in ordine alla presentazione della domanda d'iscrizione.
Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 11-10-2012, n. 17339
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