02 agosto 2012

Cassa di previdenza dei ragionieri e periti commerciali: la garanzia costituita dal principio c.d. del pro rata


"Le questioni sollevate con il ricorso ed il controricorso sono già state portate all'esame di questa Corte che si è ripetutamele pronunciata in proposito.


Vi è stato un iniziale orientamento favorevole alle tesi della Cassa (Cass., sez. lav., 25 giugno 2007, n. 14701), che ha escluso l'applicabilità della regola c.d. del pro rata (temporis), essendosi in particolare affermato che la Delib. 28 giugno e Delib. 26 luglio 1997, con le quali la Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei ragionieri e periti commerciali ha apportato variazioni al sistema di calcolo della pensione, sono valide ed efficaci, anche nella parte in cui comportano la liquidazione della pensione sulla base dei migliori redditi di dodici anni sugli ultimi diciassette e non ai migliori redditi di dieci anni sugli ultimi quindici; a ciò non osta il principio del pro rata, cui fa riferimento il secondo periodo del citato comma dell'art. 3, il quale non è applicabile a parametri non suscettibili di frazionamento nell'arco dell'intero periodo contributivo e quindi al sistema di calcolo della pensione, il cui computo deve essere eseguito con riferimento alle norme in vigore al momento dell'accoglimento della domanda di pensionamento.


Successivamente questa Corte, seppur con riferimento ad altro (ma analogo) sistema previdenziale categoriale (la previdenza forense), si è successivamente orientata in senso opposto, favorevole agli assicurati; cfr. Cass., sez. lav., 16 novembre 2009, n. 24202, che ha affermato che "i lavoratori iscritti ad enti previdenziali privatizzati - nel caso di successione, durante il periodo dell'iscrizione, di sistemi diversi di calcolo della pensione - hanno, quindi, diritto - in ossequio, appunto, al principio del pro rata - ad altrettante quote di pensione, da calcolare - in relazione a ciascun periodo dell'anzianità maturata - secondo il sistema, rispettivamente, in vigore". In senso conforme, con riferimento alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei ragionieri e periti commerciali, cfr. Cass., sez. lav., 24 settembre 2010, n. 20235 (invece, con riferimento all'ENASARCO, v. Cass., sez. lav., 21 luglio 2010, n. 17102).


Più recentemente all'udienza del 6 aprile 2011 sono stati chiamati numerosi ricorsi riguardanti il sistema previdenziale della Cassa e decisi con plurime sentenze di analogo contenuto (a partire da Cass., sez. lav., 18 aprile 2011, n. 8846), favorevoli agli assicurati nel senso di ritenere applicabile nella fattispecie il principio del pro rata.


Altri analoghi ricorsi sono poi stati avviati alla trattazione in camera di consiglio sul presupposto dell'ormai più volte affermato orientamento favorevole agli assicurati (ex plurimis Cass., sez. 6^- L, 7 marzo 2012, n. 3613).


Successivamente però - anche in ragione di più estese argomentazioni sviluppate dalla difesa della Cassa ricorrente che in sostanza invoca un revirement di tale orientamento - il presente ricorso ed altri analoghi sono stati fissati in udienza pubblica, alcuni dei quali rinviati all'udienza pubblica dopo essere stati fissati per la trattazione in Camera di consiglio.


[...]


 La Cassa, in forza di tale (comunque assai ampia) investitura di potere regolamentare, ha adottato un primo regolamento del 1 gennaio 1995 che, per quanto interessa la presente controversia, ha ribadito il criterio retributivo della L. n. 414 del 1991 (art. 49, comma 2, della regolamento).


Le cose cambiano profondamente a seguito della riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare adottata dalla L. 8 agosto 1995, n. 335. Si è introdotto - com'è noto - il sistema contributivo e si è previsto il graduale passaggio a quest'ultimo dal sistema retributivo. In particolare l'art. 1, comma 12, ha previsto che per i lavoratori iscritti alle forme di assicurazione generale obbligatoria e a quelle sostitutive ed esclusive della stessa, che alla data del 31 dicembre 1995 potevano far valere un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, la pensione era - ed è - determinata dalla somma di due quote distinte: la quota A) di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data; la quota B) di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo.


E' questo il cosiddetto criterio del "pro rata" alla stregua del quale una parte della pensione è calcolata secondo il più favorevole previgente criterio retributivo e un'altra parte della pensione è calcolata secondo il nuovo criterio contributivo.


Il successivo comma 13 ha poi previsto una più specifica clausola di garanzia. Per i lavoratori già iscritti alle forme di previdenza suddette che alla data del 31 dicembre 1995 potevano far valere un'anzianità contributiva di almeno diciotto anni, la pensione sarebbe stata interamente liquidata secondo la normativa vigente in base al sistema retributivo.


[...]


In riferimento a tale criterio (del pro rata) può in generale considerarsi che gli assicurati hanno, non già un mero interesse di fatto al futuro trattamento pensionistico, ma una "posizione previdenziale" già maturata e che appartiene al patrimonio dell'assicurato come diritto al montante complessivo della contribuzione già versata. Ciò non vuoi dire che ci sia un diritto quesito alla pensione calcolata secondo un più favorevole criterio previgente - tra quelli in vigore al momento del versamento della contribuzione - rispetto a quello vigente al momento del collocamento in quiescenza. Ma neppure, al contrario, che l'assicurato ha solo una mera aspettativa alla pensione sicchè, quanto ai criteri di calcolo, il legislatore ordinario potrebbe liberamente determinarli nell'esercizio della sua discrezionalità.


C'è una soglia minimale di trattamento pensionistico corrispondente alla "posizione previdenziale" già maturata via via nel corso della vita lavorativa secondo un criterio sinallagmatico (contribuzione versus prestazione) al pari, ad es., della rendita vitalizia per le assicurazioni private. L'ammontare della contribuzione fino ad un certo momento accumulata dall'assicurato ha un suo valore economico in termini di potenziale rendita vitalizia; una sorta di "maturato previdenziale" che non può essere sterilizzato dal legislatore.


Quindi il sistema previdenziale pubblico e privato ha un'intrinseca soglia minimale di protezione, derivata - e garantita a livello costituzionale - dal criterio di "adeguatezza" prescritto dall'art. 38 Cost., comma 2, e modulata diacronicamente in quanto dipendente dalla variabilità di plurimi parametri che concorrono a definirla (primo tra i quali il coefficiente che esprime l'aspettativa di vita); ciò che porta a negare validità alla tesi, sostenuta dalla difesa della Cassa, secondo cui l'assicurato avrebbe soltanto una mera aspettativa di fatto ad un trattamento pensionistico (di anzianità o di vecchiaia).


Il legislatore - chiamato ripetutamente a riequilibrare il sistema pensionistico - è stato ben consapevole che, mutando in termini meno favorevoli i criteri di calcolo delle pensioni, occorre comunque apprestare una clausola di garanzia a tutela delle posizioni previdenziali già maturate nel vigore di precedenti criteri più favorevoli. Quindi la tutela del "maturato previdenziale" si traduce in una specifica clausola di garanzia, tra le tante astrattamente ipotizzabili come attualizzazione in concreto della garanzia di soglia minimale di trattamento pensionistico.


Già il legislatore della riforma del 1995 ha previsto le specifiche clausole di garanzia di cui si è detto sopra: quella massima del comma 13, art. 1 (in favore gli assicurati che alla data del 31 dicembre 1995 potevano far valere un'anzianità contributiva di almeno diciotto anni); quella "bilanciata" del precedente comma 12 (il criterio del pro rata in favore gli assicurati che alla data del 31 dicembre 1995 potevano far valere un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni); quella preventiva del comma 12, art. 3 (in favore degli assicurati delle Casse privatizzate ex D.Lgs. n. 509 del 1994, in caso di future modifiche peggiorative del sistema previdenziale categoriale ad opera degli emanandi Regolamenti delle Casse stesse).


Di tutti tali tre criteri può predicarsi la natura di concreta - nonchè idonea (ex art. 38 Cost., comma 2) - attualizzazione di quella soglia minimale di garanzia del maturato previdenziale di cui si è finora detto.


[...]


Insomma il legislatore nell'art. 3, comma 12, ha optato per una clausola di garanzia - quella del pro rata - che operava a tutto campo e indubbiamente costituiva uno scudo di protezione per i "vecchi" assicurati privilegiandoli rispetto ai "nuovi", così però riducendo gli ambiti di riforma possibile per le Casse privatizzate.


Questa garanzia "forte" sarebbe stata resa meno rigida soltanto con la legge finanziaria 2007 (L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763). Ma fino a quella data il potere regolamentare della Cassa si sarebbe dovuto confrontare con tale garanzia del pro rata.


11. Posto il paletto di questa garanzia del pro rata, come norma di legge a carattere imperativo ed inderogabile dal potere regolamentare delle Casse privatizzate in genere, può ora considerarsi lo sviluppo che in concreto ha avuto l'esercizio del potere regolamentare da parte della Cassa ricorrente.


All'indomani della riforma del 1995, la Cassa - ove ciò fosse stato reso necessario da esigenze di riequilibrio del bilancio e di stabilità della gestione - avrebbe potuto già subito, in simmetria con il sistema pensionistico pubblico, adottare il criterio contributivo con il rispetto del principio del pro rata.


Invece la Cassa, nella sua discrezionalità gestionale, ha lasciato il sistema retributivo per vari anni ancora, preferendo medio tempore (nel 1997) solo un aggiustamento di quello retributivo per alleggerire il carico pensionistico: solo a partire dal 1 gennaio 2004 viene introdotto il sistema contributivo in una situazione di progressiva difficoltà nel sostenere l'onere di pensioni calcolate con il sistema retributivo tanto da porle alla fine a carico del patrimonio della Cassa e non più della contribuzione corrente (artt. 64, 65 e 66 del Regolamento in vigore a partire dalla data suddetta).


Contemporaneamente però la Cassa ha modificato anche (in peius per gli assicurati) lo stesso criterio di calcolo della quota retributiva delle pensioni maturate dopo la data suddetta sicchè il riequilibrio di gestione è stato perseguito non solo con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, ma anche con l'"aggiustamento" dello stesso sistema retributivo.


[...]


Insomma il legislatore nell'art. 3, comma 12, ha optato per una clausola di garanzia - quella del pro rata - che operava a tutto campo e indubbiamente costituiva uno scudo di protezione per i "vecchi" assicurati privilegiandoli rispetto ai "nuovi", così però riducendo gli ambiti di riforma possibile per le Casse privatizzate.


Questa garanzia "forte" sarebbe stata resa meno rigida soltanto con la legge finanziaria 2007 (L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763). Ma fino a quella data il potere regolamentare della Cassa si sarebbe dovuto confrontare con tale garanzia del pro rata.


Posto il paletto di questa garanzia del pro rata, come norma di legge a carattere imperativo ed inderogabile dal potere regolamentare delle Casse privatizzate in genere, può ora considerarsi lo sviluppo che in concreto ha avuto l'esercizio del potere regolamentare da parte della Cassa ricorrente.


All'indomani della riforma del 1995, la Cassa - ove ciò fosse stato reso necessario da esigenze di riequilibrio del bilancio e di stabilità della gestione - avrebbe potuto già subito, in simmetria con il sistema pensionistico pubblico, adottare il criterio contributivo con il rispetto del principio del pro rata.


Invece la Cassa, nella sua discrezionalità gestionale, ha lasciato il sistema retributivo per vari anni ancora, preferendo medio tempore (nel 1997) solo un aggiustamento di quello retributivo per alleggerire il carico pensionistico: solo a partire dal 1 gennaio 2004 viene introdotto il sistema contributivo in una situazione di progressiva difficoltà nel sostenere l'onere di pensioni calcolate con il sistema retributivo tanto da porle alla fine a carico del patrimonio della Cassa e non più della contribuzione corrente (artt. 64, 65 e 66 del Regolamento in vigore a partire dalla data suddetta).


Contemporaneamente però la Cassa ha modificato anche (in peius per gli assicurati) lo stesso criterio di calcolo della quota retributiva delle pensioni maturate dopo la data suddetta sicchè il riequilibrio di gestione è stato perseguito non solo con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, ma anche con l'"aggiustamento" dello stesso sistema retributivo.


[...]


 In conclusione il ricorso principale va quindi rigettato con l'affermazione del seguente principio di diritto; "Nel regime dettato dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 12 (di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), prima delle modifiche a tale disposizione apportare dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763 (legge finanziaria 2007), la garanzia costituita dal principio c.d. del pro rata - il cui rispetto è prescritto per le casse privatizzate ex D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, nei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, in termini peggiorativi per gli assicurati, in modo che siano salvaguardate le anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti - ha carattere generale e trova applicazione anche in riferimento alle modifiche in peius dei crateri di calcolo della quota retributiva della pensione e non già unicamente con riguardo alla salvaguardia, ratione temporis, del criterio retributivo rispetto al criterio contributivo introdotto dalla normativa regolamentare delle Casse. Pertanto con riferimento alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali e alle modifiche regolamentari adottare con Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 dicembre 2003, che, nel complesso, hanno introdotto il criterio contributivo distinguendo, per gli assicurati al momento della modifica regolamentare, la quota A di pensione, calcolata con il criterio retributivo, e la quota B, calcolata con il criterio contributivo, opera - per il calcolo della quota A - il principio del pro rata e quindi trova applicazione il previgente più favorevole criterio di calcolo: la media di 15 redditi professionali annuali più elevati nell'arco di 20 anni di contribuzione anteriori a quello di maturazione del diritto a pensione, e non già la media dei redditi degli ultimi 24 anni"."

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 30-07-2012, n. 13607

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