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13 luglio 2012
Il patto di risoluzione totale comporta la nullità del contratto ?
"L'interrogativo che si pone riguarda la rilevanza che riveste, ai fini della invalidazione totale ed assoluta dell'intero contratto, il patto di risoluzione totale, ossia la clausola contrattuale che espressamente prevede, per il caso che una delle parti venga meno al reciproco impegno di indicare nel definitivo una somma inferiore a quella concordata nel preliminare, il diritto dell'altra di ottenere lo scioglimento del contratto. In altri termini, si tratta di stabilire se questa clausola comporti la comunicazione della nullità dalla parte, relativa all'occultamento del prezzo ai fini dell'imposta di registro, al tutto.
Al quesito deve darsi risposta negativa.
[...]
Innanzitutto, il patto di risoluzione totale, destinato ad operare nell'ambito del sinallagma funzionale, non è un patto di nullità, e non dice che la nullità della clausola di occultamento comporta la non volontà delle parti restanti.
Inoltre, la valutazione di importanza, riferita ad un comportamento connesso al rispetto di una clausola veicolante un elemento accessorio nel contesto concreto dell'affare e in linea di principio non derogabile dall'autonomia privata, quale il regime fiscale dell'atto stipulato, non significa, ancora, essenzialità della clausola medesima, ossia decisività e inscindibilità della stessa nell'ambito dell'equilibrio di interessi cristallizzato nel contratto.
Infine, anche in presenza di una volontà "ostile" alla nullità solo parziale, stabilire l'ambito di incidenza dell'impedimento opposto dalla nullità e l'eventualità della sua propagazione a tutto il negozio, è compito dell'ordinamento e del giudice. E questo giudizio deve articolarsi nel modo seguente:
(a) tenendo conto che, in base al principio di conservazione del negozio giuridico, nel sistema del codice civile, la regola è che il contratto sia affetto da nullità solo nella parte che è per sè contraria a norma imperativa, e dunque che la nullità sia solo parziale, mentre l'estensione all'intero negozio degli effetti di tale nullità costituisce l'eccezione che deve essere provata dalla parte interessata e si verifica quando la nullità è relativa ad un elemento essenziale del negozio o ad una pattuizione legata alle altre da un rapporto di interdipendenza (Cass., Sez. 3^, 10 gennaio 1975, n. 91; Cass., Sez. 1^, 15 dicembre 1982, n. 6917; Cass., Sez. 2^, 29 maggio 1995, n. 6036; Cass., Sez. 1^, 19 luglio 2002, n. 10536; Cass., Sez. 3^, 21 maggio 2007, n. 11673; Cass., Sez. 3^, 30 settembre 2009, n. 20948);
(b) considerando che, in caso di nullità parziale, l'indagine diretta a stabilire se la pattuizione nulla debba ritenersi essenziale va condotta con metodo oggettivo, con riferimento alla perdurante utilità del contratto rispetto agli interessi con esso perseguiti (Cass., Sez. 1^, 19 aprile 1982, n. 2411; Cass., Sez. 2^, 1 marzo 1995, n. 2340): occorrendo procedere ad un confronto fra lo scopo pratico sotteso al programma originariamente divisato e il diverso assetto d'interessi che risulta dal contratto, depurato della clausola colpita da nullità, e valutare se quest'ultimo è ragionevolmente compatibile, in termini di causa in concreto e di buona fede, con il primo. Ciò non significa, beninteso, mettere fuori gioco la volontà privata e la ricerca della comune intenzione delle parti, fedelmente espressa dal significato delle parole usate nel contratto e del loro comportamento complessivo, anche successivo, dal giudizio di nullità; ma vuoi dire attribuire alla volizione delle parti rilevanza se ed in quanto essa disegna e concretizza l'operazione che, in termini oggettivi ed economici, le parti hanno inteso realizzare (cfr. Cass., Sez. 1^, 11 agosto 1998, n. 7871), e non quando essa pretende di prefigurare la disciplina "normativa" degli effetti sul tutto derivanti dalla nullità del segmento.
Ora, nella specie, contrariamente a quanto accaduto in altri casi giunti all'attenzione di questa Corte (Sez. 1^, 7 novembre 1979, n. 5750; Sez. 2^, 7 marzo 2002, n. 3328, cit.), dal testo del preliminare non risulta che le parti abbiano legato la determinazione dell'effettivo prezzo al vantaggio economico derivante dall'occultamento parziale del corrispettivo pattuito ai fini fiscali, ed il giudice merito - con congruo e motivato apprezzamento delle risultanze di causa, tenendo espressamente conto anche della "specifica volontà delle parti" a supporto, verifica e parametro del ragionamento seguito - ha escluso che il nuovo assetto di interessi discendente dalla "depurazione" del regolamento di interessi non sia più sorretto dall'originaria ragione giustificativa e che sia così sfumata l'utilità che le parti intendevano perseguire.
Di qui la non decisività della circostanza - il patto risolutorio contenuto nel preliminare in collegamento con la clausola di occultamento - che il giudice del merito avrebbe omesso di considerare.
Infatti - ed è questo il principio di diritto che va affermato a conclusione dello scrutinio del motivo - l'effetto di propagazione, sull'intero contratto preliminare, della nullità della clausola contenente l'impegno delle parti di indicare nel definitivo, in violazione della disciplina dell'imposta di registro, un prezzo inferiore a quello realmente pattuito, non può derivare dal semplice rafforzamento dell'atteso comportamento contra legem mediante la previsione negoziale di un diritto alla risoluzione attivabile dalla parte rimasta fedele alla clausola (previsione anch'essa colpita da nullità), occorrendo, altresì, la prova, a cura della parte colpita dallo squilibrio indotto dalla nullità parziale e che invochi il contagio all'intero contratto, che il mantenimento di esso dopo la "depurazione" non sia più giustificato dal senso originario dell'operazione, e ciò per essere la clausola di occultamento in tale rapporto di interdipendenza e di inscindibilità con le altre pattuizioni che queste non possano sussistere in modo autonomo."
Cass. civ. Sez. II, Sent., 11-07-2012, n. 11749
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