"Essendo eguali i principi che regolano il nesso causale in materia penale ed in materia civile (art. 40 e 41 c.p.) ciò che muta sostanzialmente tra il processo penale e quello civile è la regola probatoria, in quanto nel primo vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (cfr. Cass. Pen. S.U. 11 settembre 2002, n. 30328, Franzese), mentre nel secondo vige la regola della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", stante la diversità dei valori in gioco nel processo penale tra accusa e difesa, e l'equivalenza di quelli in gioco nel processo civile tra le due parti contendenti, come rilevato da attenta dottrina che ha esaminato l'identità di tali standars delle prove in tutti gli ordinamenti occidentali, con la predetta differenza tra processo civile e penale (Cass. 16.10.2007, n. 21619; Cass. 18.4.2007, n. 9238).
Il principio ha avuto larga diffusione in tema di prova del nesso causale. Anche la Corte di Giustizia CE è indirizzata ad accettare che la causalità non possa che poggiarsi su logiche di tipo probabilistico (CGCE, 13/07/2006, n. 295, ha ritenuto sussistere la violazione delle norme sulla concorrenza in danno del consumatore se "appaia sufficientemente probabile" che l'intesa tra compagnie assicurative possa avere un'influenza sulla vendita delle polizze della detta assicurazione; Corte giustizia CE, 15/02/2005, n. 12, sempre in tema di tutela della concorrenza, ha ritenuto che "occorre postulare le varie concatenazioni causa-effetto, ad fine di accogliere quelle maggiormente probabili").
Sennonchè detto standard di "certezza probabilistica" in materia civile non può essere ancorato esclusivamente alla determinazione quantitativa - statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa o pascaliana), che potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana). Nello schema generale della probabilità come relazione logica va determinata l'attendibilità dell'ipotesi sulla base dei relativi elementi di conferma (ed. evidence and inference nei sistemi anglosassoni).
Esigenze di coerenza e di armonia dell'intero processo civile comportano che tale principio della probabilità prevalente si applichi anche allorchè vi sia un problema di scelta di una delle ipotesi, tra loro incompatibili o contraddittorie, sul fatto, quando tali ipotesi abbiano ottenuto gradi di conferma sulla base degli elementi di prova disponibili. In questo caso la scelta da porre a base della decisione di natura civile va compiuta applicando il criterio della probabilità prevalente. Bisogna in sede di decisione sul fatto scegliere l'ipotesi che riceve il supporto relativamente maggiore sulla base degli elementi di prova complessivamente disponibili. Trattasi, quindi, di una scelta comparativa e relativa all'interno di un campo rappresentato da alcune ipotesi dotate di senso, perchè in vario grado probabili, e caratterizzato da un numero finito di elementi di prova favorevoli all'una o all'altra ipotesi.
Il criterio della probabilità prevalente fonda anche il sistema logico-operativo della prova presuntiva (secondo la dottrina che più di ogni altra ha esaminato l'argomento, con riferimento al requisito della "gravità"), che è essenzialmente un ragionamento probabilistico per giungere alla conclusione più probabile (fatto ignoto) tra quante possono esser ipoteticamente tratte dalla stessa premessa e cioè dal fatto noto.
Questi criteri operativi della valutazione degli elementi probatori fondati sulla probabilità prevalente attengono esclusivamente al processo civile, mentre sono estranei al processo penale, attesa la diversità di struttura e di finalità dei due procedimenti.
Ne consegue che nella fattispecie presenta i lamentati vizi la sentenza impugnata che ha ritenuto non provato il nesso causale tra condotta omissiva ed evento sul rilievo che gli accertamenti omessi dei livelli di transaminasi avrebbero ridotto solo di un 30% il rischio di infezione."
Cass. civ. Sez. III, Sent., 15-05-2012, n. 7554
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