26 giugno 2012

Procedura di licenziamento per riduzione di personale L. 223/91

"Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda proposta da B. E. contro la Fiat Group Automobiles s.p.a. di impugnativa del licenziamento intimatogli il 25.5.2006 in riferimento a procedura per la riduzione del personale.


L'appello proposto dal lavoratore era rigettato dalla Corte d'appello di Napoli.


[...]


Il ricorso, i cui motivi sono esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione, merita accoglimento per le ragioni, aventi rilievo decisivo e assorbente, di seguito indicate.


Nella comunicazione preventiva agli organismi sindacali che l'azienda che intenda procedere ad una riduzione di personale deve effettuare a norma della L. n. 223 del 1991, art. 4, deve essere compresa l'indicazione "del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente" (comma 3).


Si tratta di elementi che rilevano non solo ai fini di una valutazione circa la concreta portata del progettato ridimensionamento aziendale, ma anche per la connessione con le indicazioni sui motivi che determinano la situazione di eccedenza e per i quali non si ritiene possibile adottare una misura organizzativa diversa dalla riduzione di personale.


Nella giurisprudenza di questa Corte ha formato oggetto di un particolare approfondimento la questione relativa alla incidenza della prescrizione normativa sulla indicazione dei profili professionali. Cass., sez. un., 15 ottobre 2002, n. 14616, nel confermare l'imprescindibilità del rispetto della procedura di cui all'art. 4 L. cit., non sostituibile da un diretto accordo sindacale avente ad oggetto l'identificazione del lavoratori da licenziare sulla base della sola anzianità contributiva, ha sottolineato la rilevanza anche della specificazione delle unità produttive e dei profili professionali interessati, necessaria ai fini di una corretta individuazione dei lavoratori da coinvolgere nella riduzione di personale.


Successivamente, in relazione ad un'altra vicenda di ampia riduzione di organico di una grande azienda, si è in un primo momento ritenuto, a proposito della prescritta indicazione dei profili professionali del personale da coinvolgere nella riduzione di personale, che la dizione normativa implicasse l'insufficienza della sola indicazione del livello di inquadramento nell'ambito della classificazione del personale dettata dalla contrattazione collettiva, quando nel medesimo livello fossero raggruppate professionalità varie ed eterogenee (Cass. 11 luglio 2007, n. 15479), ma successivamente si è ritenuta sufficiente la indicazione della ripartizione del personale ritenuto eccedente per categorie o livelli contrattuali di inquadramento (oltre che per aree geografiche), tenute presenti le ragioni concrete della riduzione di personale, di alleggerimento dell'organico complessivo dell'azienda a livello nazionale (Cass. n. 82, 84 e 5884/2009, n. 5884/2011). Si è rilevato in linea di diritto che il riferimento legislativo ai "profili professionali" comporta l'esclusione della idoneità del solo dato formale delle categorie (ex artt. 2095 e 2103 c.c.), essendo privilegiato il dato funzionale delle categorie o qualifiche di inquadramento, rispetto al quale però doveva tenersi presente che nella specie la contrattazione collettiva caratterizzava le "aree funzionali" (livelli) di inquadramento per l'idoneità allo svolgimento di una pluralità di mansioni.


Nella specie, premesso che l'attuale ricorrente, come da atto la stessa sentenza impugnata, aveva lamentato la mancata precisazione dei motivi dell'eccedenza di lavoratori e in tale quadro anche, in particolare, la mancanza di specificazioni relative ai profili professionali coinvolti dalla riduzione di personale, la sentenza impugnata ha violato gli esposti principi nel non dare rilievo alla circostanza che nella specie nella comunicazione iniziale è mancata la specificazione dei profili professionali, sicuramente per tale non potendosi intendere il solo riferimento alle generiche e complessive categorie legali degli operai, impiegati, quadri e dirigenti (oltre che degli "intermedi", categoria contrattuale diretta ad integrare detta classificazione di origine legale), che non sono idonee, particolarmente con riferimento alle ampie categorie degli operai e degli impiegati, a fornire in maniera adeguata quelle specificazioni funzionali che sono indispensabili al fine di dare adeguata concretezza e motivazione a qualsiasi piano di ristrutturazione aziendale, ancorchè focalizzato su risparmi conseguibili sul piano dei costi del personale.


Nè può ritenersi adeguato, al fine di ritenere sufficiente la iniziale comunicazione, il riferimento alla circostanza del raggiungimento di un accordo con le organizzazioni sindacali. E' vero che la conclusione di un accordo in esito alle consultazioni seguite all'iniziale comunicazione dell'azienda può rendere irrilevanti le lacune di tale comunicazione di avvio, a meno che i suoi vizi siano tali da fuorviare o eludere l'esercizio dei poteri di controllo preventivo attribuiti alle organizzazioni sindacali (cfr. Cass. n. 25758/2008, 5582/2012), ma il dato circa la consistenza della riduzione di personale con riferimento ai vari profili professionali costituisce, come si è visto, un elemento imprescindibile di qualsiasi esame e valutazione in merito ad una prospettata ristrutturazione aziendale e quindi, per poter attribuire efficacia sanante all'accordo sindacale è condizione minima necessaria che almeno in tale occasione tale dato venga precisato. Nella specie, invece, è mancato qualunque positivo accertamento in tal senso da parte del giudice di appello (peraltro, secondo quanto dedotto dal ricorrente con riferimento specifico alle produzioni documentali, l'accordo farebbe riferimento, nei suoi allegati, alle sole categorie generali di operai, impiegati, ecc, mentre la resistente nel controricorso con riguardo all'accordo menziona solo il riferimento del medesimo al criterio di individuazione costituito dalla possibilità del lavoratore di conseguire un trattamento di quiescenza nell'arco di fruizione della mobilità ordinaria).


La sentenza impugnata è censurabile anche nella parte in cui ha ritenuto idonei i criteri di scelta adottati nella specie.


Il principio al quale al riguardo ha fatto riferimento - quello secondo cui la circostanza che del criterio di scelta della possibilità dei lavoratori di accedere al pensionamento non sia sufficiente da solo alla identificazione dei lavoratori ricompresi nella riduzione di personale non ne determina l'illegittimità, semprechè il datore di lavoro nella attuazione del medesimo criterio si attenga a criteri correttezza, buona fede e non discriminazione -, inizialmente recepito da alcune sentenze di questa Corte (Cass. n. 9956/2000 e 13393/2002), è stato sottoposto a riesame e condivisibilmente si è ritenuto che il criterio di scelta adottato nell'accordo sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali per l'individuazione dei destinatari del licenziamento può anche essere unico e consistere nella prossimità al pensionamento, alla condizione però che esso permetta di formare una graduatoria rigida e possa essere applicato e controllato senza alcun margine di discrezionalità da parte del datore di lavoro. (Cass. n. 12781/2003, 21541/2006, 9866/2007, 1938/2011).


Si tratta di un indirizzo indubbiamente condivisibile perchè i criteri di scelta possono implicare aspetti discrezionali nella fase attuativa, e in questo caso il datore di lavoro nella comunicazione prevista dall'art. 4, comma 9, della legge deve fornire puntuali indicazione delle modalità con cui essi sono stati applicati (cfr.


Cass. n. 24166/2004 circa la necessità che in questa sede emergano univoche modalità di esplicazione dei criteri), ma non vi può essere un'area residua di discrezionalità di scelta da parte del datore di lavoro nella quale non risulti operante nessun criterio predeterminato, in ragione della insufficiente capacità selettiva dell'unico criterio di scelta convenzionalmente stabilito.


Ed è opportuno sottolineare come l'obiettività dei criteri di scelta costituisca una misura di tutela necessaria al fine di evitare che il datore di lavoro possa scegliere a sua discrezione quali lavoratori in concreto licenziare in occasione di una riduzione di personale. Nè sarebbe sufficiente per contrastare un tale modo di esercizio dei poteri del datore di lavoro la facoltà del lavoratore di provare l'eventuale carattere discriminatorio del suo licenziamento.


In conclusione il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice (stessa Corte in diversa composizione) che si atterrà ai seguenti principi: 1) "La indicazione nella comunicazione agli organismi sindacali di avvio della procedura di licenziamento per riduzione di personale, dei profili professionali del personale eccedente, a norma della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3, non è validamente integrata dalla sola indicazione delle generiche categorie degli operai, intermedi, impiegati, quadri e dirigenti, mentre la conclusione, nell'ambito della procedura di consultazione, di un accordo tra il datore di lavoro e i sindacati sul licenziamento collettivo non può ritenersi idonea a rendere irrilevante, ai fin della legittimità dei licenziamenti, l'indicata carenza della comunicazione iniziale se anche l'accordo non contiene le necessarie indicazioni sui profili professionali dei lavoratori destinatari del licenziamento"; 2) "non è legittima l'adozione, nell'accordo sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali relativo all'attuazione di licenziamenti per riduzione di personale, dell'unico criterio di scelta consistente nella prossimità al pensionamento, se lo stesso non permetta l'esauriente e univoca selezione dei lavoratori destinatari del licenziamento, in modo da poter essere applicato senza alcun margine di discrezionalità da parte del datore di lavoro".

Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 22-06-2012, n. 10424

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