08 giugno 2012

La nullità del contratto e la corrispondenza tra chiesto e pronunciato - doveri del Giudice

"E' evidente che stabilire la tempestività o meno della eccezione di nullità del contratto ovvero la sua rilevabilità d'ufficio costituisce passaggio obbligato per l'esame delle altre questioni sollevate con il ricorso.


Questa Corte in numerose occasione ha affermato che la nullità, come l'inesistenza, di un contratto, può rilevarsi d'ufficio anche per la prima volta in appello. Il potere del giudice di dichiarare la nullità ex art. 1421 c.c., va però coordinato con il principio della domanda fissato dagli artt. 99 e 112 c.p.c., nel senso che solo se sia in contestazione l'applicazione o l'esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, il giudice è tenuto a rilevare in qualsiasi stato e grado del giudizio, indipendentemente dall'attività assertiva delle parti, l'eventuale nullità dell'atto stesso. Se poi la contestazione attiene direttamente alla illegittimità dell'atto, una diversa ragione di nullità non può essere rilevata d'ufficio, né può esser dedotta per la prima volta in grado d'appello, trattandosi di domanda nuova e diversa da quella ab origine proposta dalla parte (cfr Cass. 7 febbraio 2011 n. 2956; Cass. 20 gennaio 2006 n. 1112; Cass. 8 settembre 2004 n. 18062; Cass. 11 agosto 2004 n. 15561; Cass. 30 luglio 2004 n. 14570). Ne giudizio in cui si chieda l'esecuzione di un negozio, il giudice, cui spetta, in ragione della tutela dei valori fondamentali dell'ordinamento giuridico, verificare d'ufficio la sussistenza delle condizioni dell'azione, deve rilevare d'ufficio la nullità del negozio, in ogni stato e grado del giudizio, ove essa risulti dagli atti, anche indipendentemente da un'eccezione del convenuto. L'art. 1421 c.c., consente, dunque, al giudice di rilevare d'ufficio la nullità del contratto quando essa contraddice con la domanda e contrasta con la pretesa dell'attore, di cui impedisce l'accoglimento.


Sotto un altro profilo, la sanzione della nullità colpisce svariate ipotesi di vizi dell'atto, sicchè, in riferimento ad uno stesso negozio, sono ben ipotizzabili molteplici ipotesi di nullità, ciascuna indotta da profili specifici. L'azione di nullità è per questo caratterizzata da una causa petendi, che ne definisce la species agli effetti delle preclusioni processuali, in modo che la proposizione di una domanda intesa a ottenere la declaratoria di nullità del contratto impedisce alla parte di far valere in appello una diversa causa di nullità ed al giudice di porre a base della decisione ragioni diverse di nullità (cfr. ex plurimis: Cass. 6 agosto 2003 n. 11847; Cass. 14 gennaio 2003 n. 435; Cass. 17 maggio 2002 n. 7215). I due ordini di esigenze, testè esposti, facenti capo l'uno alla normale verifica, commessa al giudice, delle condizioni di fondatezza dell'azione, e l'altro alla immodificabilità della domanda, possono trovarsi in contrasto ove alla pretesa di esecuzione del contratto di una parte si contrapponga l'eccezione di nullità dell'altra, che il giudice ritenga di integrare con il rilievo di quegli aspetti di patologia del negozio, rilevabili d'ufficio, che tuttavia la parte interessata ad una improduttività di effetti del negozio non abbia colto. Il contrasto è superabile ove si rifletta che se da un lato il potere-dovere decisionale del giudice in relazione alla domanda proposta, si estende agli aspetti della inesistenza o della nullità del contratto dedotto dall'attore, la deduzione in tal senso del convenuto non può costituire, od essere considerata, domanda giudiziale, non ponendosi in rapporto genetico con il potere-dovere decisionale del giudice sul punto, che già esiste.


Sia impostata quella deduzione come eccezione, come domanda riconvenzionale per la declaratoria di nullità, o come motivo di gravame, si tratta pur sempre di mera difesa, attenendo all'inesistenza, per mancato perfezionamento o per nullità, del fatto giuridico e del contratto, dedotto dall'attore a fondamento della domanda, che dunque non condiziona l'esercizio del potere officioso di rilievo della nullità fondata su aspetti distinti di patologia negoziale (in tal senso Cass. 14 marzo 1998 n. 2772).


Nella specie deve farsi riferimento alla domanda iniziale, che è quella proposta dai due soci nei confronti della preponente e delle società collegate, nonchè della capogruppo al fine di ottenere il pagamento delle indennità e del risarcimento dei danni per violazione della clausola di esclusiva del contratto di agenzia intercorso con la Servizi Leasing s.r.l. L'aspetto della nullità del contratto da cui scaturirebbe l'obbligo delle società convenute al pagamento delle somme per le voci suesposte, è esercitabile dal giudice in ogni stato e grado: e non rileva che le convenute abbiano fatto valere, in via di eccezione, la nullità e poi, come sostenuto dai ricorrenti, vi abbiano rinunciato nella comparsa conclusione depositata avanti al giudice di prime cure.


Di fronte ad un appello fondato, fra l'altro, sulla nullità del contratto di agenzia per mancata iscrizione delle società attrici al ruolo degli agenti, deve essere riconosciuto al giudice d'appello il potere di rilevare l'inesistenza di un contratto quale unica possibile fonte di obblighi pretesi violati.


In tal senso, peraltro, avevano formulato le difese in sede di gravame oltre alla BPM, anche le altre società convenute.


In ogni caso anche a volere ritenere che la BANCA POPOLARE di MILANO avesse coltivato in appello unicamente la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento dell'agente, la risoluzione postulava pure sempre che il contratto inadempiuto non fosse in radice nullo.


Argomentata, inoltre, risulta nella sentenza impugnata la nullità del contratto di agenzia per contrasto con norme imperative di diritto interno, contratto che era già esaurito o comunque non più in corso al momento in cui avrebbe dovuto trovare attuazione la invocata direttiva comunitaria (n. 653 del 1986).


Le censure sono, dunque, infondate."

Cass. civ. Sez. II, Sent., 06-06-2012, n. 9117

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