"M.A. proponeva domanda di risarcimento dei danni nei confronti della s.p.a. Banca di Roma per l'importo di 300.000 milioni di lire deducendo di essersi recata il giorno 3/4/2000 presso la propria Banca ove era titolare di una personale cassetta di sicurezza e di aver constatato che (circa un anno prima (5/5/99); ignoti avevano rapinato l'agenzia svaligiando varie cassette, tra le quali la sua, contenente gioielli e preziosi del valore corrispondente a quello richiesto in via risarcitoria. L'attrice denunciava inoltre la mancata tempestiva comunicazione dell'avvenuta rapina sostenendo che da tale omessa informazione era derivato un ulteriore pregiudizio patrimoniale nonchè il danno all'immagine ed all'onorabilità dovuto al deposito in giudizio, da parte dell'istituto bancario, del verbale di sequestro della cassetta in questione da parte della D.I.A. di Salerno. L'istituto di credito, chiedendo il rigetto della domanda, giustificava l'omessa comunicazione proprio sulla base dell'intervenuto sequestro penale. In primo grado venivano escussi testi e disposta CTU sul valore dei beni il cui furto era stato denunciato dalla titolare della cassetta.
[...]
I quattro motivi illustrati, da esaminarsi congiuntamente, sono fondati. Deve preliminarmente osservarsi che il contenuto di una cassetta di sicurezza costituisce una circostanza di fatto generalmente non divulgata, attesa la prioritaria esigenza di riservatezza che caratterizza la scelta di questo servizio bancario.
Ne consegue, come affermato in una recente pronuncia di questa Corte, relativa ad una fattispecie del tutto simile a quella dedotta nel presente giudizio (Cass. 27068 del 2008), la necessità di ricorrere alle deposizioni degli stretti familiari e a non sottovalutare od ignorare, se coerenti con l'insieme dei riscontri probatori, elementi di fatto quali la denuncia penale, solo perchè di provenienza unilaterale, dovendosi sempre tenere conto, nell'esame e selezione del materiale probatorio, della peculiarità dei fatti da dimostrare.
La valutazione dei singoli riscontri probatori, così come eseguita nella sentenza impugnata, non risulta, invece, tenere in alcuna considerazione la intrinseca riservatezza della materia. La denuncia penale viene qualificata come un mero atto di parte privo di valore probatorio oggettivo senza specificare se sia stata oggetto di esame una denuncia generica o, come risulta dagli atti, circostanziata in ordine al numero, la tipologia, la descrizione e il valore degli oggetti preziosi custoditi (Cass. 27068 del 2008), omettendo, peraltro, di considerare l'obbligo, penalmente sanzionato di offrire una rappresentazione veritiera dei fatti a carico del denunciante. Le deposizioni testimoniali dei familiari vengono ritenute insufficienti perchè genericamente confermative del contenuto della cassetta di sicurezza così come indicato dalla ricorrente; ma tale valutazione risulta argomentata in modo illogico ed insufficiente perchè non correlata all'articolazione del capitolo di prova, contenente lo specifico riferimento all'elencazione dettagliata degli oggetti preziosi desunto dalla denuncia penale, integrata nel contenuto del capitolo, e alla valutazione complessiva delle risposte che ne sono seguite. Entrambi i testimoni hanno, infatti, confermato la circostanza formulata nel capitolo precisando le ragioni della conoscenza (erano gli unici ad accompagnare la ricorrente in banca in occasione dei depositi e dei prelievi) del contenuto della cassetta e fornendo specifiche indicazioni sulla provenienza, la descrizione e le caratteristiche di alcuni di essi in quanto derivanti da doni endofamiliari. (pag. 23 ricorso e 25 e 26 del controricorso). Tali indicazioni non vengono menzionate nella valutazione d'insufficienza della prova. Peraltro, alla carenza della motivazione relativamente alla valutazione dei singoli mezzi di prova deve essere aggiunta la fondatezza della censura relativa alla mancata valutazione globale del quadro probatorio. La sentenza impugnata si è limitata ad un esame dei singoli riscontri, effettuato in modo atomistico, omettendo completamente di porre in correlazione gli elementi indiziari al fine di verificarne l'eventuale coerenza, precisione ed univocità. Come è stato affermato dalla già citata sentenza n. 27068 del 2008, "in presenza di una circostanziata denuncia alla polizia giudiziaria della natura, della qualità e del valore dei singoli oggetti trafugati (...), delle deposizioni testimoniali relative al fatto che gli oggetti erano custoditi in banca, ed in mancanza di ogni prova od indizio contrario (...), il mancato ricorso alle presunzioni di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c., al fine di ritenere raggiunta la prova del danno, è da ritenere illegittimo, ove non venga adeguatamente motivato, trattandosi di danni dei quali è estremamente difficile, se non impossibile, fornire la prova storica". La necessità di una valutazione globale del quadro indiziario, quando non sia vietato dalla legge il ricorso alle presunzioni, e la conseguente illegittimità della valutazione separata dei singoli elementi di fatto costituiscono costante orientamento della giurisprudenza di legittimità.
Ha affermato la Corte che è viziata di errore di diritto la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand'anche singolarmente sforniti di valenza probatoria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall'altro in un rapporto di vicendevole completamento (sent. 19894 del 2005, 26022 del 2011). L'orientamento sopra illustrato è stato anche molto recentemente ribadito con l'affermazione di un principio che si attaglia perfettamente alla presente decisione : "la prova presuntiva esige che il giudice prenda in esame tutti i fatti noti emersi nel corso dell'istruzione, valutandoli tutti insieme gli uni per mezzo degli altri. E', pertanto, erroneo l'operato del giudice di merito il quale a cospetto di plurimi indizi li prenda in esame e li valuti singolarmente per poi giungere alla conclusione che nessuno di essi assurga alla dignità di prova" (Cass. 3703 del 2012). In conclusione, i primi quattro motivi di ricorso devono essere accolti con rinvio della causa alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione perchè, nella valutazione del complessivo quadro indiziario fornito dalle parti, mediante il ricorso alla prova presuntiva valuti se siano stati dimostrati in tutto od in parte i danni patrimoniali lamentati dalla parte ricorrente e se sia possibile procedere alla loro liquidazione equitativa."
Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-06-2012, n. 8945
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