18 aprile 2012

Quando si dice "sparare sulla croce rossa"

Richiamo in servizio di  unità di personale non dipendente.


"Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla Croce Rossa Italiana (d’ora innanzi: ‘la CRI’) avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui sono stati accolti due ricorsi proposti da un Ufficiale Commissario in congedo dei ruoli della CRI e, per l’effetto, sono stati annullati i provvedimenti con cui il Comitato centrale aveva prorogato (fino al 31 dicembre 2010) il richiamo in servizio di alcune unità di personale non dipendente a tempo indeterminato ai sensi dell’articolo 29 del R.D. 10 febbraio 1936, n. 484.
2. Il ricorso è infondato.
2.1. In via di principio, è innegabile che la previsione di cui all’articolo 29 del R.D. 484 del 1936, richiamata in premessa, debba essere intesa nel senso di riconoscere alla Croce Rossa Italiana, in sede di esercizio del potere di richiamo in servizio, di una latissima discrezionalità amministrativa.
L’esercizio di tale discrezionalità tuttavia, sulla base di consolidati princìpi, non può essere ritenuto del tutto esente da qualunque forma di controllo, dovendosi comunque ammettere la sindacabilità in sede giurisdizionale in caso di attività connotata da palesi profili di irragionevolezza o abnormità.
Sotto tale aspetto, la sentenza in epigrafe è meritevole di conferma laddove afferma che la previsione di cui al secondo comma dell’articolo 29, R.D. 484, cit. (la quale richiama un potere esercitabile “con facoltà insindacabile”), in tanto può essere ritenuta compatibile con l’ordito costituzionale (e, in particolare, con l’articolo 113 della Carta fondamentale), in quanto si ritenga che essa faccia riferimento ad ipotesi di discrezionalità – per così dire – ‘rafforzata’ nelle modalità di esplicazione, ma non certo esente in radice dal generale carattere della giustiziabilità.
2.2. Impostati in tal modo i termini concettuali della questione, la sentenza in epigrafe è certamente meritevole di conferma laddove ha affermato che emergono effettivi profili di incongruità ed irragionevolezza i quali minano in radice la legittimità delle ordinanze commissariali con cui l’odierna appellante aveva dapprima disposto e successivamente prorogato numerosissimi richiami in servizio in distonia con i princìpi regolatori della materia.
In particolare, la sentenza in questione ha condivisibilmente rilevato:
- che gli atti in questione (il cui effetto era stato nel senso di consentire la stabilizzazione di fatto di circa 370 unità di personale per un periodo ultraquinquennale) si pongono in contrasto con il tendenziale principio della concorsualità dell’accesso agli impieghi e del carattere paradigmatico delle assunzioni a tempo indeterminato per far fronte ad esigenze di servizio di carattere non temporaneo della CRI;
- che ulteriori profili di incongruità e contraddittorietà sono ravvisabili in capo all’operato dell’amministrazione la quale, nel dichiarato intento di superare un assetto palesemente contra legem (rilevato dagli Ispettori del Ministero dell’Economia e delle finanze), aveva – per un verso – apposto un termine (a sanatoria ed ex post) ai numerosissimi richiami a suo tempo disposti; ma aveva – per altro verso – contestualmente disposto l’ulteriore proroga di tali richiami per altri due anni, in tal modo palesando un comportamento di fatto elusivo dei medesimi princìpi cui – pure – affermava di volersi conformare;
- che l’operato dell’amministrazione era, altresì, caratterizzato da palesi profili di contraddittorietà in relazione alle numerose istanze di richiamo in servizio avanzate dall’odierno appellante. Ed infatti, per un verso l’amministrazione aveva più volte affermato l’inesistenza di esigenze operative le quali giustificassero un richiamo (in particolare, per la sede del Comitato territoriale di Bari, cui era riferita l’istanza dell’odierno appellato), mentre – per altro verso – risulta che l’Ente avesse disposto richiami in servizio - per altro prorogati nel corso degli anni – relativi alla medesima sede e al medesimo periodo cui si riferiva l’istanza del Capitano Martinez;
- che, più in generale, le modalità con cui la CRI aveva nel corso degli anni disposto i richiami in servizio e le successive proroghe, risultavano illegittime per la mancata, previa, fissazione di criteri univoci volti ad orientare ex ante il potere di richiamo.
Le ragioni dinanzi richiamate palesano il carattere complessivamente illegittimo delle determinazioni assunte dalla CRI nel periodo 2005-2010 in tema di richiami in servizio, né può ritenersi che tali illegittimità restino sanate dal solo fatto (in se, plausibile) dell’effettiva esistenza di situazioni di emergenza cui fare fronte attraverso l’istituto del richiamo (circostanza – quest’ultima – che l’appellante enfatizza fortemente in sede di appello).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la Croce Rossa Italiana alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.000 (duemila), oltre gli accessori di legge."


Consiglio di Stato Sez VI Sent. n. 2141/2012

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