18 aprile 2012

Sopravvenuta carenza di interesse o cessazione della materia del contendere?


Improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse e cessazione della materia del contendere: differenze

"Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore del recupero delle reti idriche avverso la sentenza del T.A.R. della Puglia con cui è stato dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso originariamente proposto avverso il provvedimento con cui la società Acquedotto Pugliese s.p.a. aveva disposto la sua esclusione da una gara di appalto per l’affidamento dei lavori di recupero delle reti idriche nella provincia di Lecce.
2. Il ricorso è meritevole di accoglimento, nei termini di seguito indicati.
2.1. In particolare, è condivisibile l’argomento secondo cui, dal momento che il ricorso al T.A.R. era stato proposto avverso l’atto di esclusione dalla gara, la circostanza per cui l’amministrazione avesse poi disposto la riammissione dell’appellante senza subordinarne gli effetti all’esito del giudizio, aveva determinato una situazione in fatto interamente satisfattiva per l’interesse sotteso alla proposizione del giudizio.
In tal modo operando, l’amministrazione aveva sancito la definitiva rimozione del provvedimento lesivo oggetto di impugnativa, così da concretare i presupposti per una pronuncia di cessazione della materia del contendere.
L’interesse immediato e diretto sotteso alla domanda di giustizia proposta dalla società appellante era, infatti, quello di ottenere la riammissione alla gara e tale interesse è stato interamente soddisfatto con l’atto in data 20 giugno 2007, richiamato in narrativa.
Al contrario, non può essere condivisa la tesi esposta dai primi Giudici, secondo cui la permanenza dell’interesse alla coltivazione del ricorso si traslerebbe necessariamente sugli ulteriori e successivi arresti del procedimento di gara, trattandosi di atti in relazione ai quali l’interesse del ricorrente assume un carattere soltanto indiretto e mediato, e in quanto tale insuscettibile di giustificare (in assenza di una loro impugnativa) una pronuncia di sopravvenuta carenza di interesse, quale quella odiernamente impugnata.
Impostati in tal modo i termini concettuali della questione, il ricorso in epigrafe risulta fondato laddove lamenta che il Tribunale abbia reso una pronuncia di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, in luogo di una pronuncia di cessazione della materia del contendere, che sarebbe stata più corretta in relazione all’esito della vicenda.
Al riguardo deve essere richiamato il (condiviso) orientamento giurisprudenziale secondo cui ai sensi dell'art. 35 comma 1 lett. c), c.p.a. la sopravvenuta carenza d'interesse e la cessazione della materia del contendere si differenziano tra loro nettamente per la diversa soddisfazione dell'interesse leso; la sopravvenuta carenza di interesse può essere conseguenza anche di una valutazione esclusiva dello stesso soggetto, in relazione a sopravvenienze anche indipendenti dal comportamento della controparte e qualora sia determinata dal sopravvenire di un nuovo provvedimento, questo non soddisfa integralmente il ricorrente, determinando una nuova valutazione dell'assetto del rapporto tra la p.a. e l'amministrato; al contrario, la cessazione della materia del contendere si determina quando l'operato successivo della parte pubblica si rivela integralmente satisfattivo dell'interesse azionato (Cons.Stato, Sez. IV, 4 marzo 2011, n. 1413).
3. In base a tali considerazioni, il ricorso in epigrafe deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere nel primo ricorso, con integrale compensazione delle spese del doppio grado."

Consiglio di Stato, sez. VI sent. n. 2135/2012

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