17 aprile 2012

Assegno divorzile e adeguatezza (anche per chi è iscritto in un albo)


"... quesiti di diritto:


a) se la sola iscrizione ad un albo professionale può dar luogo a una presunzione di esercizio della relativa attività in mancanza di ulteriori elementi idonei ad evidenziare l'esercizio medesimo e la percezione di un reddito;
b) se costituisce idonea prova, atta a vincere l'eventuale presunzione di esercizio di attività professionale derivante dall'iscrizione al relativo albo, la contemporanea sussistenza di elementi idonei ciascuno a denotare il mancato svolgimento dell'attività in questione, quali l'assenza di redditi professionali nelle dichiarazioni fiscali e previdenziali, la mancanza di partita IVA e di fatturazioni, la mancanza di uno studio, la data recente di iscrizione all'albo e il precedente svolgimento di un'attività non professionale di pubblico dipendente.


[...]


a) se la notevole disparità economica tra i coniugi sussistente in costanza di matrimonio, costituisca elemento idoneo ad ingenerare oggettivamente nel coniuge economicamente più debole ragionevoli aspettative in ordine a un tenore di vita adeguato ai redditi dell'altro coniuge; 
b) se la notevole disparità economica tra i coniugi sussistente in costanza di matrimonio, ed incrementatasi progressivamente dopo la cessazione dello stesso, determini l'oggettiva impossibilità per il coniuge economicamente più debole di mantenere un tenore di vita analogo a quello sussistente durante il matrimonio ed a quello che si sarebbe potuto tenere in base alle legittime e ragionevoli aspettative.


I tre motivi sin qui riportati vanno esaminati congiuntamente essendo palesemente incentrati sulla stessa doglianza ovvero sulla censura di infondatezza del giudizio di insussistenza del diritto della G. all'assegno divorzile. Si tratta sostanzialmente di una censura che investe il merito della controversia e che la ricorrente vuole riportare alla violazione di principi trascendenti il caso concreto, specificamente con i quesiti relativi al quarto motivo. Ma sul punto la motivazione della Corte di appello ha fatto correttamente riferimento alla giurisprudenza di legittimità secondo cui il giudice del merito è chiamato a verificare la disponibilità o meno da parte del coniuge richiedente di mezzi atti a conservare il tenore di vita goduto nel corso del matrimonio. Si veda in particolare quanto affermato da Cass. civ., sez. 1^, n. 20582 del 4 ottobre 2010 secondo cui, in tema di scioglimento del matrimonio e nella disciplina dettata dalla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, come modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 10, il giudice, chiamato a decidere sull'attribuzione dell'assegno di divorzio, è tenuto a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza - all'atto della decisione - dei mezzi o all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio;


dunque, è la nozione di adeguatezza a postulare un esame comparativo della situazione reddituale e patrimoniale attuale del richiedente con quella della famiglia all'epoca della cessazione della convivenza, che tenga altresì conto dei miglioramenti della condizione finanziaria dell'onerato, anche se successivi alla cessazione della convivenza, i quali costituiscano sviluppi naturali e prevedibili dell'attività svolta durante il matrimonio.


La Corte di appello si è attenuta a questa metodologia in quanto ha preso in considerazione la fruizione di un reddito pensionistico da parte della G. a partire dall'età di 51 anni e la sua residua capacità lavorativa dimostrata almeno presuntivamente dall'iscrizione all'albo degli avvocati nonchè la disponibilità di mezzi finanziari derivante solo in parte da vendite di beni immobili e tale da poterle consentire di acquistare l'abitazione dove ha risieduto nel corso del matrimonio. Da queste circostanze la Corte di appello ha tratto la convinzione che la G. dispone autonomamente di mezzi economici che le consentono di conservare sostanzialmente il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio."

Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-04-2012, n. 5876

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