29 marzo 2012

Poste Italiane S.p.A.: risarcimento danni e collegato lavoro


"...la Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 9.11.09 n. 6593 accoglieva l'impugnazione "per quanto di ragione" e così statuiva "dichiara la nullità dei contratti a termine intercorsi tra l'appellante e Poste Italiane s.p.a., per i periodi 3.7-30.9.01 e 3- 31.5.99 e per l'effetto che sono intercorsi tra le parti più rapporti a tempo indeterminato nei periodi suddetti; dichiara la prosecuzione giuridica del rapporto dopo il 30.9.98, ancora a tutt'oggi; ..."


[...]


Tanto premesso per chiarire il contenuto della sentenza e la portata dei ricorsi, deve rilevarsi che nel merito la Corte d'appello - inquadrati ì contratti nell'ambito del sistema della L. n. 56 del 1987, art. 23, che aveva delegato le oo.ss. a individuare nuove ipotesi di assunzione a termine con la contrattazione collettiva - ha dichiarato la nullità del termine nel primo caso (contratto 9.7- 30.9.97 stipulato per assicurare il servizio nel periodo del godimento delle ferie da parte del personale a tempo indeterminato) per mancanza della prova dell'esistenza delle condizioni asseritamente giustificative, nel secondo caso (contratto 3-31-5.99 per esigenze eccezionali) perchè la norma collettiva consentiva l'assunzione a termine per le causali dedotte solo fino al 30.4.98. 


[...]


Con riferimento ad entrambe le fattispecie contrattuali prese in esame dalla Corte d'appello, deve rilevarsi che la giurisprudenza ritiene che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare - oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1, nonchè dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis, conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 - nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all'individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (v. S.u. 2.3.06 n. 4588).


[...]


Con il ricorso incidentale è censurata con undici motivi la parte della pronunzia che rigetta la richiesta di risarcimento danni.


La Corte d'appello, partendo dal presupposto che il risarcimento compete dal momento in cui il lavoratore ha offerto la sua prestazione al datore e fino alla scadenza del terzo anno successivo alla scadenza dell'ultimo rapporto, considerato che nella specie il datore fu costituto in mora il 4.11.02 a triennio già scaduto, considerato che l'ultimo (ed ora anche unico) contratto affetto da nullità era scaduto il 31.5.99, ha rigettato la richiesta di risarcimento del danno.


Con i primi dieci motivi la ricorrente incidentale contesta la violazione della normativa in punto di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale (motivi da 1 a 8), nonchè l'erroneità del giudizio equitativo adottato, atteso che le emergenze istruttorie consentivano una puntuale quantificazione del danno e che le parti non ne avevano fatto richiesta (violazione dell'art. 432 c.p.c., motivo n. 9, e violazione dell'art. 114 c.p.c., motivo n. 10). Con l'ultimo motivo (il n. 11) la ricorrente incidentale deduce, in extrema ratio la violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, atteso che il giudice comunque avrebbe dovuto concedere a titolo di risarcimento l'indennità ivi prevista.


Con riferimento ai primi dieci motivi, deve rilevarsi che la giurisprudenza della Corte di cassazione ha più volte ritenuto incongruo l'iter argomentativo oggi adottato dalla Corte d'appello di Roma, rilevando che così argomentando il giudice non ha motivato (se non in termini meramente formali) nè la decisione di determinare in via equitativa il danno risarcibile, ne la decisione di limitare il risarcimento ai tre anni successivi alla scadenza dell'ultimo contratto, di modo che in conformità ad altre precedenti pronunzie di queste Cotte emanate con riferimento a censure mosse al criterio risarcitorio adottato nella specie dal giudice di merito (v. per tutte Cass. 1.10.07 n. 20606), deve rilevarsi la fondatezza dei motivi in questione.


Quanto all'undicesimo motivo del ricorso incidentale, deve considerarsi lo ius superveniens contenuto nella L. 4 novembre 2010, n. 183 (c.d. collegato lavoro), pubblicata sulla (Gazzetta ufficiale 9.11.10 n. 262 (suppl. ord. 243/L) ed in vigore dal 24.11.10. La disposizione dell'art. 32, comma 5, di detta legge, prevede che "nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8". Il successivo c. 7 prevede che tale disposizione trova applicazione anche ai giudizi pendenti alla data della vigore della legge.


La disposizione è stata ritenuta conforme al dettato costituzionale dalla sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 2011. 15.- in conclusione, vanno accolti il ricorso principale nei limiti sopra indicati ed il ricorso incidentale nella sua integralità.


Cassata la sentenza impugnata, può provvedersi nel merito solo con riferimento alla decorrenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che va fissata al 3.5.99, mentre per il risarcimento del danno deve farsi rinvio al giudice indicato in dispositivo, che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità."

Cass. civ. Sez. VI, Ord., 27-03-2012, n. 4909

Nessun commento: